La Svizzera ha fatto progressi nell'ambito dei diritti umani ma restano alcuni aspetti critici. È quanto emerso nel corso dell'audizione tenutasi al Consiglio dei diritti umani dell'ONU. In particolare ci sono margini per miglioramenti nella lotta al razzismo e alla discriminazione razziale. Giudizi sostanzialmente condivisi dalla Segretaria di Stato Livia Leu.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
Nel suo discorso di apertura, la segretaria di Stato del Dipartimento degli affari esteri Livia Leu ha affermato che la Svizzera, come altri Paesi, sta affrontando “crescenti disuguaglianze” dopo la pandemia, soprattutto per le minoranze e le persone più vulnerabili. Benché il Paese sia confrontato con alcune sfide, ha aggiunto, la situazione dei diritti umani in Svizzera “è relativamente favorevole”.
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La delegazione svizzera, ascoltata per diverse ore davanti al Consiglio come avviene ogni quattro anni, è stata confrontata con diverse critiche, alcune delle quali non del tutto esenti da intenti strumentali. I rappresentanti cinesi, che si sono detti “preoccupati” per la discriminazione delle minoranze, hanno chiesto modifiche legislative e amministrative puntuali da parte di Berna.
Minoranze discriminate?
In proposito c’è però anche da registrare che Pechino ha spesso messo in guardia la Svizzera per le sue critiche ai campi di rieducazione nello Xinjiang dove è internato più di un milione di uiguri.
Altri Paesi hanno invece auspicato un piano d’azione nazionale contro la discriminazione razziale, come richiesto da alcune ong, o un meccanismo indipendente per raccogliere le denunce contro la presunta “profilazione razziale” da parte della polizia. Su questo aspetto l’anno scorso la Svizzera è stata fortemente criticata da diversi membri del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle persone di origine africana, che ha denunciato l’esistenza nella Confederazione di un “razzismo sistemico”.
Pur riconoscendo l’importanza della questione, l’ambasciatore svizzero alle Nazioni Unite, Jürg Lauber, ha parlato di “malintesi”. Livia Leu ha sottolineato che il governo federale e il parlamento ritengono che il diritto penale contro il razzismo offra una “protezione efficace”. Tuttavia, ha ammesso che c’è spazio per migliorare l’accesso alla giustizia per le persone che subiscono simili comportamenti. “La Svizzera considera un dovere permanente” combattere il razzismo, soprattutto online, ha dichiarato Leu.
Critiche da Russia e Iran
Da parte sua, la Russia ha nuovamente espresso “preoccupazione” per la discriminazione dei suoi cittadini in Svizzera dall’inizio della guerra in Ucraina. Tra le altre raccomandazioni ricevute, si chiede di impegnarsi a livello di disuguaglianze salariali tra uomini e donne, che Berna ammette, o sulla situazione delle donne più in generale.
Tra le voci critiche si è levata quella dell’Iran, che sta affrontando manifestazioni di massa dopo la morte della giovane Mahsa Amini durante la detenzione inflittale per aver indossato il velo islamico in modo inadeguato.
Anticipando queste critiche, Livia Leu ha dichiarato che “la Svizzera si impegna risolutamente per l’uguaglianza” con la nuova politica lanciata nel 2021 e il piano d’azione che l’accompagna. Soprattutto, ha promesso iniziative per cercare di aumentare la rappresentanza femminile a tutti i livelli in vista delle elezioni federali del prossimo ottobre.
Il nodo della Convenzione sui migranti
Diversi Paesi hanno anche chiesto alla Svizzera di ratificare la Convenzione internazionale sui lavoratori migranti. Ma dalla Segreteria di Stato per la Migrazione (SEM) è stato precisato che saranno difficili progressi significativi su questo tema, giacché Berna non intende rispondere favorevolmente a questa richiesta. Sono state inoltre espresse preoccupazioni anche per la situazione dei richiedenti asilo, dei detenuti e delle persone con disabilità.
Non sono comunque mancati attestati di stima e incoraggiamento. Molti Paesi hanno accolto con favore il lancio dell’Istituzione nazionale per i diritti umani, previsto per maggio. Su questa iniziativa c’è però chi ha criticato l’esiguità dei fondi messi a disposizione. Un timore condiviso dalla Commissione nazionale per la prevenzione della tortura aveva avvertito che l’istituzione non sarebbe stata in grado di adempiere al suo mandato a causa della mancanza di risorse.
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