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Smartphone, amore mio

Comodi, utili per vita privata e lavoro, gli smartphone sono diventati strumenti indispensabili per molti. Ma ogni tanto si esagera. 

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“Ci sono persone che lo chiamano ‘il mio bébé’, e c’è chi prima di lasciarlo qui lo ha abbracciato”. Non sono le parole di un veterinario, ma di un responsabile in un negozio che si occupa di riparare smartphone.

Questo strumento è entrato nelle nostre vite per restare. È il tipico caso di una tecnologia di cui non sapevamo di avere bisogno e di cui adesso non possiamo fare a meno. 

Lo smartphone sta diventando sempre più uno strumento di controllo e organizzazione di vita privata e lavoro, scrive la società di consulenza Deloitte, in uno studio pubblicato venerdì. Il 92% delle persone attive professionalmente in Svizzera ne possiede uno.

L’utilizzo eccessivo dello smartphone, però, ha anche delle conseguenze negative. Una dipendenza dal fedele apparecchio si manifesta in diversi modi: deficit di attenzione, perdita legami sociali, riduzione delle facoltà mnemoniche, … 

I rovesci della medaglia di questa comoda tecnologia sono dunque ben conosciuti e c’è chi si sta dando da fare per non cadere nella dipendenza. Ironicamente, ci sono delle app per smartphone che aiutano a “disintossicarsi” dall’uso dello smartphone. 
In ogni caso, smettere è difficile. Circa un quarto degli svizzeri che hanno provato a ridurne l’utilizzo quotidiano ha fallito. 

 Servo e padrone

“Più migliorerà l’intelligenza artificiale, più è probabile che tenderà, come nella dialettica di padrone e servo, a diventare il tuo maestro. Per il momento, lo schiavo è piccolo e fa comunque solo quello che vogliamo. Ma lo schiavo imparerà così bene chi siamo, cosa facciamo e cosa vogliamo che finirà per prendere il sopravvento e questo va evitato”, mette in guardia Pierre-Marc de Biasi, del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica Cnrs. 

La sua è una visione forse estrema, ma è un esercizio interessante riflettere su quanti aspetti della nostra vita siano condizionati dall’uso di uno smartphone. 

Un romanzo di condizioni contrattuali

Le problematiche legate all’uso di uno smartphone toccano anche altri aspetti. Quello della privacy e dell’utilizzo dei dati personali che molti utenti offrono senza rendersene conto accettando senza leggerle le chilometriche condizioni contrattuali (Cg).
È interessante a questo proposito citare uno studio pubblicato venerdì dal periodico consumeristico K-Tipp, che ha calcolato come per mettere in funzione un nuovo Samsung occorra accettare disposizioni contrattuali che necessiterebbero di 5 ore per essere lette integralmente.

Nel 2017 l’azienda Telecom Purple, per mostrare come i clienti accettino le norme senza fiatare, aveva inserito nei suoi contratti una clausola che imponeva a chi utilizzava la rete wireless gratis durante un festival di impegnarsi a prestare 1’000 ore di lavoro di pulizia non retribuito. La disposizione – inserita insieme alle altre – venne accetta da oltre 22’000 persone: un solo individuo si accorse della norma assurda.

Secondo molti esperti le Cg troppo lunghe non hanno alcun effetto dal profilo giuridico: le imprese non possono riferirsi a queste disposizioni in caso di vertenza. Per Thomas Kellner, docente all’università di Berna, più le disposizioni sono lunghe e complicate, meno possono essere usate contro i clienti in caso di conflitto. Questo vale anche su internet quando qualcuno spunta una casella confermando di aver letto le Cg. 

Anche stando a Vito Roberto, professore a San Gallo, condizioni generali di diverse decine di pagine in contratti normali non sono da considerare valide.

Va peraltro comunque sempre notato che una cosa è aver ragione, un’altra è ottenerla. Una vertenza contro una grande azienda presenta oneri che il normale consumatore può avere difficoltà a sopportare.

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