Il Ticino, terra di scrittori, vanta una ricca scena letteraria
Terra di scrittori, il Canton Ticino vanta una ricca scena letteraria. Da Hesse a Hemingway, molti i grandi nomi che qui hanno trovato ispirazione. Ma esiste anche una vivace produzione autoctona, in un percorso che dal mondo contadino si è aperto a una dimensione più urbana e internazionale.
Che il Canton Ticino sia terra di scrittori nessuno può metterlo in dubbio. Sarebbe sufficiente consultare la “Guida letteraria della Svizzera italiana” dell’Osservatorio culturale del Cantone Ticino che cita tra gli autori che hanno vissuto in Ticino, o fatto di questo territorio lo sfondo delle loro narrazioni, nomi quali Hemingway, Rimbaud, Silone, Canetti, Montale, Casanova, Remarque e, ovviamente, il personaggio che forse è più legato a questi luoghi: Herman Hesse.
La preziosa raccolta “Negli svizzeri. Immagini della Svizzera e degli svizzeri nella letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento”, curata dall’italianista ticinese Fabio Soldini del 1991 ci ricorda che qualcuno, come Ugo Foscolo, viaggiò in queste terre da esule. “Continuerò a viaggiare per la Svizzera. A sentirmi uomo in mezzo a uomini veri”, scrisse il poeta in una lettera indirizzata al suo protettore elvetico.
Mario Soldati si immaginò addirittura, in un racconto fantascientifico, la Svizzera come l’unico paese sopravvissuto, con la Nuova Zelanda, alle apocalissi atomiche, tanto da essere studiato da un gruppo di alieni che indagano sui pochi terrestri rimasti parlando un ticinese maccheronico.
>>Intervista a Stefano Vassere, direttore delle Biblioteche cantonali e del Sistema bibliotecario ticinese:
Ma la Svizzera italiana non è solo luogo d’ispirazione o d’adozione per scrittori internazionali. È anche la culla di una propria scena letteraria autoctona che ricade nell’alveo della letteratura italiana, trovando però allo stesso tempo un proprio percorso originale, sia per tematiche che per uso del linguaggio e retaggio storico. Nel gennaio del ’76 un articolo comparso su Tuttolibri, l’inserto del quotidiano La Stampa, descriveva la narrativa della Svizzera italiana, non senza qualche luogo comune, come “incline al ripensamento morale, alle memorie domestiche, alla raffinata umiltà delle ‘confessioni’, a un gusto partecipe alla natura”.
L’articolo era una recensione dell’allora nuovissima antologia “Pane e Coltello. Cinque racconti di paese”, dell’editore locarnese Armando Dadò che conteneva lavori inediti di cinque scrittori sopracenerini: Piero Bianconi, Giovanni Orelli, Plinio Martini, Giovanni Bonalumi e Giorgio Orelli. Le opere di narrativa erano accompagnate da fotografie in un poetico bianco e nero di Alberto Flammer. “Fu un punto di svolta per la nostra letteratura, perché per la prima volta entra nella nostra prosa la dimensione urbana” spiega Stefano Vassere, direttore delle Biblioteche cantonali e del Sistema bibliotecario ticinese e docente di Teoria dei linguaggi all’Università di Milano.
“Da allora – prosegue Vassere – è passato molto tempo e c’è una consapevolezza di una dimensione che non sia solo quella locale e quella legata alla piccola storia ticinese. Da quell’antologia la scena letteraria non è stata più come prima”. Un ideale percorso nell’evoluzione letteraria della Svizzera italofona può quindi, per Vassere, partire dalla narrazione della dura vita contadina di un classico come “Il Fondo del Sacco” di Plinio Martini del 1970, per poi arrivare a temi e ad autori che hanno ampliato il loro sguardo verso il mondo, raccontando una dimensione più moderna e urbana del Ticino e puntando anche a un pubblico italiano.
Oggi il panorama editoriale locale può contare su diverse case editrici di medio-piccole dimensioni, di cui 6 beneficiarie di un sostegno proveniente dall’Ufficio Federale della Cultura, e di un numeroso gruppo di scrittrici e scrittori che vedono la narrativa come una professione, alcuni dei quali pubblicano per editori italiani e hanno una platea di lettori che esce dai confini cantonali.
>>Gli scrittori svizzeri si presentano al pubblico italiano:
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Scrittori svizzeri alla ricerca di editori italiani
Quella della Svizzera italiana, ci ricorda Stefano Vassere, va considerata come una variante regionale della letteratura italiana, non in quanto marginale, ma in quanto pienamente inserita in un contesto “panitaliano”. La parola scritta e le grandi storie non conoscono frontiere, la narrativa (o la poesia) in lingua italiana non è “nazionale”, e, a prescindere da un’oggettiva crisi globale del mercato editoriale, ha un potenziale di lettori composto da più di 60 milioni di persone di lingua madre italiana e di altri 20 milioni che conoscono come seconda lingua quello che Edmondo De Amicis chiamava “l’idioma gentile”.
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