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Il fascino del resort fantasma

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La stazione nel 2011, subito dopo la sua chiusura. Keystone / Jean-Christophe Bott

La stazione sciistica svizzera di Super St-Bernard ha chiuso nel 2010. Eppure continua a essere affollata.

La porta del ristorante non era chiusa a chiave, quindi l’ho aperta e sono entrato. Un tempo questo era il cuore pulsante della stazione sciistica di Super St-Bernard, vicino al parcheggio, alla partenza della funivia e con un’ampia terrazza dove pranzare all’aperto e bere un drink dopo lo sci. Ora è solo una scena di desolazione.

I miei scarponi da sci scricchiolano sui vetri rotti; vecchi opuscoli, riviste e skipass sono disseminati sul pavimento; le pareti sono coperte da graffiti e in quella che era la cucina sono chiaramente visibili i resti carbonizzati di un incendio. Il vento fa tremare i pochi frammenti di doppi vetri rimasti nelle cornici delle finestre.

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FT

La stazione di Super St-Bernard, sulla strada del Gran San Bernardo, che porta ad Aosta, ha aperto nel 1963 ed è diventata famosa per le sue lunghe piste, tra cui una che scendeva oltre il confine con l’Italia. Ma al volgere del secolo, stagione dopo stagione la situazione finanziaria si è fatta sempre più difficile e nel 2010 gli impianti di risalita non sono più stati messi in funzione. Da allora è stata abbandonata. Gli edifici stanno lentamente cadendo in rovina, le strutture degli impianti arrugginiscono e Super St-Bernard è ormai diventata una delle sempre più numerose “stazioni sciistiche fantasma”. Alcune sono vittime del cambiamento climatico, altre delle leggi dell’economia, che a volte non permettono di sostituire impianti che hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita.

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Alla stazione del Super San Bernardo gli impianti hanno smesso di funzionare nel 2010. RTS-SWI

Non esistono dati globali precisi, ma solo in Svizzera 20 resort hanno chiuso negli ultimi 25 anni, secondo il consulente dell’industria sciistica Laurent Vanat. In Giappone, almeno 200 stazioni sono state chiuse dal boom sciistico che il Paese aveva conosciuto negli anni Ottanta. La maggior parte delle infrastrutture sono state smantellate o riutilizzate, ma alcuni resort sono stati lasciati tale quali, come se il personale se ne fosse semplicemente andato da un momento all’altro.

A Super St-Bernard, la cosa strana, visti i rottami che mi circondano e il vento che soffia fino a 60 km/h, è che non sono solo. Oltre le finestre frantumate, intravvedo altre persone vestite di colori vivaci che escono dalle loro auto e si preparano ad andare a sciare. La crescente popolarità dello sci-alpinismo lascia intravedere una sorta di vita dopo la morte per queste stazioni abbandonate.

>> Un servizio del 1964 sulla stazione di Super St-Bernard della Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS:

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La cultura dello sci

Sono venuto qui per partecipare a un evento organizzato dal marchio francese di sci Black Crows, assieme a circa 25 altre persone per una giornata di escursioni sotto la supervisione di guide alpine e di alcuni degli sciatori e delle sciatrici sponsorizzati, tra cui l’alpinista francese Liv Sansoz. Ci siamo riuniti per un briefing nel ristorante in frantumi, (“attenzione a non congelarsi con questo vento”, ci ha avvertiti Sansoz), abbiamo sistemato le nostre pelli di foca sotto gli sci sotto quello che resta della funivia, quindi abbiamo iniziato a salire lentamente sul pendio.

Super St-Bernard si trova a 1’900 metri, a un paio di chilometri dall’entrata della galleria che porta in Val d’Aosta e a una decina dal passo del Gran San Bernardo. Disponeva di tre impianti di risalita, il più lungo dei quali arrivava fino a 2’770 metri di quota, sul crinale che separa Svizzera e Italia. La notte precedente avevamo alloggiato non lontani da qui, al Bivouac Napoléon, un hotel nel villaggio di Bourg-St-Pierre. Prima di gustarci una fondue al formaggio, avevamo guardato un cortometraggio prodotto da Black Crows sul Super St-Bernard, l’ultimo di una serie che ha realizzato sulle località fantasma di tutto il mondo.

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Perché un marchio giovane e dinamico dovrebbe voler essere associato a queste storie di gloria passata, di infrastrutture fatiscenti e di rovina finanziaria? In particolare, per raggiungere le persone che non guardano i film convenzionali sullo sci, spiega la co-fondatrice Camille Jaccoux. “Per noi, lo sci non è solo uno sport, ma una vera e propria cultura – afferma. E gran parte di questa cultura è nata con il boom degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta”.

Sensazione di nostalgia

Con la neve che fa sempre più difetto nelle stazioni a più bassa altitudine e con quelle più in alto sempre più affollate e costose, un senso di malinconia e di nostalgia per un passato accompagnato da maggiore ottimismo sembra pervadere questo sport. Dopo il film, un partecipante si è commosso parlando dei suoi ricordi di quando è cresciuto sciando a Super St-Bernard, “un parco giochi” dove ogni inverno cadevano fino a 14 metri di neve.

foto in bianco e nero di impianto di risalita
La stazione di partenza nel 1963. Photopress-Archiv / Str

Più tardi, il proprietario dell’albergo in cui alloggiamo, Claude Lattion, mi ha mostrato una vecchia fotografia in bianco e nero dei contrabbandieri che portavano le sigarette attraverso il passo dalla Svizzera all’Italia, e per i quali l’apertura degli impianti di risalita è stata una manna dal cielo. “Mia suocera”, mi ha detto, indicando una giovane donna dai capelli scuri che riposa sulla neve accanto a scatole di sigarette in sacchi di iuta.

Nel 2002, il villaggio, che all’epoca possedeva e gestiva il resort, decise di chiuderlo. In una riunione del consiglio comunale, Lattion si oppose. “Il sindaco disse: ‘Beh, l’unica soluzione è che ve lo vendiamo per un franco’. Avevo 30 secondi per prendere una decisione – devo essere un po’ pazzo”.

Lattion ha tenuto aperti gli impianti per altri otto anni. “Ho trovato dei partner, ho investito denaro di tasca mia, una quantità enorme di tempo. È stata una grande esperienza, molto arricchente dal punto di vista umano … dal punto di vista finanziario, per niente”. Nel 2010, era necessario un investimento di 25 milioni di franchi per rinnovare le infrastrutture, una somma che Lattion non ha potuto raccogliere.

Una specie di ribellione

Ma torniamo in montagna. Il vento continua a soffiare sul nostro gruppo e la nebbia vortica intorno alla valle. La topografia delle cime circostanti convoglia le tempeste verso questi pendii. Questo garantisce una buona quantità di neve fino a primavera inoltrata, ma aumenta anche la probabilità di forti raffiche di vento con conseguente chiusure della funivia. Claude Lattion mi aveva confidato che il vento era il loro nemico numero uno.

neve
Le telecabine ricoperte di neve nel 2011. KEYSTONE/Jean-Christophe Bott

Il vento sferzante e lo sforzo hanno reso difficile la conversazione. Rifletto invece sull’attrazione che esercitano Super St-Bernard e altre stazioni simili. Se lo sci moderno significa fare la fila in un resort di proprietà di una grande azienda, o dover aspettare per entrare in un canalone mentre quelli davanti sistemano i loro selfie-stick, allora un viaggio in un resort fantasma potrebbe offrire un’alternativa gioiosa, forse anche una sorta di ribellione.

Abbiamo proseguito, raggiungendo la cima di uno degli impianti di risalita, cercando riparo sotto un grande masso. Le guide hanno finalmente deciso che era ora di tornare a valle. Siamo scesi a tutta birra, formando un iimprobabile mix di colori, assaporando la neve selvaggia e un soffio di nostalgia.

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