La legge Covid-19 è vitale per chi è colpito dalla crisi
Il 13 giugno, gli svizzeri dovranno dire la loro sulla legge Covid-19. Un insieme di norme che per il Governo e la maggioranza del Parlamento è indispensabile per garantire l'aiuto finanziario ad oltre 100'000 imprese e più di un milione di persone.
Se la legge venisse bocciata in votazione popolare, si creerebbe un vuoto giuridico che richiederebbe mesi per essere colmato, ha messo in guardia lunedì il ministro dell’economia e presidente della Confederazione Guy Parmelin. In caso di ‘no’, la legge e tutti i suoi emendamenti decadrebbero dal prossimo 25 settembre. Un simile scenario metterebbe in pericolo molti posti di lavoro e gli aiuti di emergenza.
Le misure sono state introdotte dal Consiglio federale nel corso del 2020 e poi incluse nella legge Covid-19 approvata dal Parlamento lo scorso settembre. “È la base di tutto il sistema di aiuti in vigore”, ha ricordato Parmelin, sottolineando che ad esso fanno capo oltre 100’000 imprese e più di un milione di persone.
Gli aiuti finanziari previsti dalla legge riguardano le indennità per la riduzione dell’orario di lavoro, le indennità per la perdita di guadagno e gli aiuti per i casi di difficoltà per i ristoranti, gli alberghi e il settore del turismo, nonché le misure per la cultura, lo sport e i media. Queste misure dovrebbero costare alla Confederazione circa 35 miliardi di franchi.
Sostegno ai giovani
Un “no” rimetterebbe anche in discussione i meccanismi di sostegno istituiti dai cantoni. Questi sono “tenuti insieme solo dall’aiuto federale”, ha sottolineato Alain Ribaux, vicepresidente della Conferenza dei governi cantonali.
Secondo il consigliere di Stato di Neuchâtel, le misure federali e cantonali sono intrecciate e il sistema funziona “abbastanza bene”. “Non guadagneremo nulla ricominciando da zero”, ha aggiunto, citando gli aiuti forniti in particolare per la cultura, lo sport o quelli destinati ai giovani.
“Non dobbiamo togliere nessuna prospettiva ai nostri giovani”, ha detto, sottolineando che i pacchetti di aiuti istituiti includono “misure per semplificare l’ingresso nella vita lavorativa”.
Vaccini non toccati dalla legge
La legge Covid-19 è anche essenziale nel settore sanitario, ha dal canto suo precisato il ministro della sanità Alain Berset. Include misure per garantire la fornitura di materiale medico come l’equipaggiamento protettivo e serve da base legale per coprire il costo dei test e la creazione di un certificato di vaccinazione uniforme e a prova di falsificazione.
Tuttavia, la legge non riguarda i temi della vaccinazione o delle misure restrittive adottate dalle autorità. “I vaccini possono essere immessi sul mercato solo dopo che è stata dimostrata la loro sicurezza e che sono stati omologati”, ha spiegato Berset.
Allo stesso modo, le restrizioni che il Consiglio federale ha dovuto prendere per limitare la diffusione del virus non hanno nulla a che vedere con la legge Covid-19, ha insistito. È la legge sulle epidemie che serve da base giuridica per tutte le misure nel settore sanitario, compresa la chiusura delle scuole o di alcuni settori economici.
Una legge – ha ricordato Guy Parmelin – accettata in votazione nel 2013 con circa il 60% di consensi.
La situazione attuale suscita rabbia a impazienza, ed è comprensibile, ma non è una ragione “per buttare il bambino con l’acqua sporca”, ha concluso il presidente della Confederazione.
La democrazia funziona
Il comitato all’origine del referendum contro la legge Covid-19 ritiene che il pacchetto di misure sia inutile e che il Governo potrebbe regolamentare il tutto senza ricorrere al diritto d’urgenza. Più in generale, il timore è che il Consiglio federale accresca in modo eccessivo il suo potere. “Da anni, il potere politico sta passando sempre più dal popolo al Parlamento e dal Parlamento al Governo e agli esperti”, aveva dichiarato in ottobre, in occasione del lancio del referendum, Marion Russek, co-presidente dell’associazione “Amici della Costituzione”, all’origine della raccolta di firme.
Di conseguenza, il numero di persone che prendono decisioni importanti per la popolazione è sempre più ristretto. Il referendum – avevano sottolineato i promotori – vuole spezzare questa tendenza di deresponsabilizzare i cittadini.
Per Alain Ribaux, “i cantoni non possono sottoscrivere le accuse di deriva autocratica”. Il Parlamento è stato coinvolto nelle decisioni il più presto possibile e i dibattiti sono stati talvolta vivaci, segno che la democrazia funziona.
tvsvizzera.it/mar/ats con RSI (TG del 12.4.2021)
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