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Voci di una rapida acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS

Scenari in movimento per la seconda banca elvetica.
Scenari in movimento per la seconda banca elvetica. © Keystone / Michael Buholzer

Trattative in corso per individuare una soluzione prima dell’apertura dei mercati. Probabile interessamento di BackRock per la banca elvetica in crisi.

Sono ore febbrili per il Credit Suisse, la grande banca elvetica che lotta per la sua sopravvivenza. In queste ore, secondo quanto ha rivelato il foglio londinese Financial Times, sono in corso le sedute dei cda di UBS e dello stesso Credit Suisse mentre la vicenda viene seguita da vicino anche dalla Banca nazionale svizzera (BNS) e dell’organo di vigilanza sui mercati finanziari Finma, sotto la cui regia potrebbe vedere la luce la maga fusione tra i due colossi bancari elvetici. Nel pomeriggio i sette membri del Governo elvetico si sono riuniti per due ore per discutere dei possibili scenari che riguardano il gruppo bancario zurighese. 

Soluzione semplice entro lunedì

Lo scopo è quello di giungere a un’operazione di salvataggio prima della riapertura dei mercati di lunedì, che potrebbero ulteriormente penalizzare la quotazione del titolo della banca in crisi e favorire il temuto “contagio” all’intero settore, con conseguenze difficilmente prevedibili in questo momento anche sulla piazza finanziaria svizzera.

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Secondo la testata finanziaria, che cita una fonte anonima a conoscenza delle trattative in corso, BNS e Finma hanno già detto alle rispettive autorità americane e britanniche che l’acquisizione da parte di UBS rappresenta “il loro piano A” per fermare la crisi di fiducia di cui soffre la seconda banca elvetica. L’obiettivo è quello di giungere “a una soluzione semplice entro lunedì”.  

Il raggiungimento dell’intesa non sarebbe però sicuro: UBS intenderebbe infatti valutare i rischi che un’acquisizione totale o parziale potrebbe comportare per le sue attività. In proposito però nessuno dei protagonisti coinvolti nella vicenda hanno voluto confermare l’operazione, né commentare i possibili sviluppi della vicenda.

Secondo indiscrezioni UBS vorrebbe almeno 6 miliardi di dollari di garanzie dal Governo svizzero per rilevare l’ex concorrente in crisi.

Il fondo BlackRock entra nel gioco?

Nelle ultime ore è poi trapelata la notizia, riportata sempre dal Financial Times, dell’interessamento della società americana BlackRock, il più grande amministratore patrimoniale al mondo, che starebbe lavorando con altri investitoti a un’offerta concorrente a quella di UBS.

Ipotesi che però il fondo statunitense ha subito smentito. BlackRock, ha precisato a Bloomberg un portavoce della società, “non sta partecipando ad alcun piano per l’acquisizione di tutto o parte di Credit Suisse e non ha alcun interesse a farlo”.

Intanto l’ex presidente della Finma Eugen Haltiner, ha detto in un’intervista all’Aargauer Zeitung, che la Commissione per la concorrenza (Comco) non vedrebbe probabilmente di buon occhio una eventuale fusione tra Credit Suisse e UBS.

Una fusione problematica

“La Comco – ha osservato Haltiner, che nel 2008 aveva orchestrato il salvataggio di UBS – avrebbe sicuramente delle riserve importanti perché entrambi gli istituti hanno una posizione dominante sul mercato” e “già la fusione fra l’Unione di banche svizzere (UBS) e la Società di banca svizzera (SBS) è stato un percorso sul filo del rasoio in termini di legge sulla concorrenza”.

L’ex presidente dell’organo federale di sorveglianza ha anche criticato la mancanza di comunicazioni chiare da parte del governo federale e della Banca Nazionale. A suo giudizio infatti avrebbero dovuto dire che “la BNS fornisce liquidità, il CS ha la stabilità necessaria, quindi non c’è motivo di preoccuparsi”.

Ma “molti non sanno nemmeno che abbiamo una protezione dei depositi delle clientela e che le attività svizzere di CS sarebbero garantite anche in caso di catastrofe, perché esternalizzate a una società indipendente. Tutto questo avrebbe potuto essere detto”.

L’azione di CS ha chiuso la seduta di venerdì in calo dell’8% a 1,86 franchi, nonostante le rassicurazioni delle autorità svizzere e il prestito da 54 miliardi di dollari promesso dalla BNS. Un calo che ha mantenuto alta la tensione sui mercati finanziari, complici anche le difficoltà di altri istituti americani, da cui è partito tutto.

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