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Vietare gli allevamenti intensivi "è inutile e costoso"

IL 25 settembre l'elettorato deciderà sul destino in Svizzera degli allevamenti intensivi. Keystone / Urs Flueeler

Berna invita a votare contro l'iniziativa popolare in votazione il 25 settembre poiché, a suo dire, farebbe aumentare i prezzi e non avrebbe effetti pratici.

Questo contenuto è stato pubblicato il 28 giugno 2022 - 21:20
tvsvizzera/spal con Keystone-ATS

L'iniziativa popolare "No all'allevamento intensivo in Svizzera" è inutile e costosa. A dirlo è il governo federale che invita i cittadini e le cittadine a bocciare il testo in votazione il prossimo 25 settembre.

Il testo ha raccolto 106'125 firme valide e propone un'aggiunta all'articolo 80 sulla protezione degli animali della Costituzione svizzera in modo da vietare l'allevamento intensivo, "finalizzato alla produzione più efficiente possibile di prodotti animali, nell'ambito del quale il benessere degli animali è leso sistematicamente".

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Qualora venisse accolto alle urne, il parlamento avrebbe tre anni di tempo per stabilire i criteri per il ricovero e la cura degli animali, la macellazione e il numero massimo per stalla. Le aziende agricole disporrebbero di un periodo di transizione fino a 25 anni per prendere gli accorgimenti necessari e anche le importazioni sarebbero sottoposte agli stessi criteri.

In conferenza stampa, Alain Berset ha sottolineato che la legislazione svizzera è già una delle più severe al mondo in materia di tutela degli animali e la Confederazione promuove metodi di coltivazione particolarmente in sintonia con la natura e rispettosi dell'ambiente, come stabilito dalla Costituzione. Un numero crescente di capi di bestiame, ha rilevato, può per esempio uscire regolarmente all'aria aperta.

Secondo il governo l'iniziativa avrebbe un impatto significativo sulle aziende agricole, 3'300 delle quali sarebbero costrette a ridurre il numero di animali o ad aumentare le loro superfici. Le spese aggiuntive per gli investimenti cui sarebbero confrontati gli allevatori sono stimati tra 0,4 e 1,1 miliardi di franchi all'anno.

Ma l'iniziativa avrebbe ripercussioni anche sui consumatori, che avrebbero accesso solo a prodotti alimentari, come carne, uova, formaggio o latte, provenienti da aziende agricole biologiche e la loro scelta, ha fatto notare il ministro dell'interno, sarebbe quindi limitata e inevitabilmente "il prezzo delle derrate alimentari contenenti ingredienti di origine animale aumenterebbe".

Oltretutto, vietare l'importazione di prodotti che non soddisfino le norme bio implicherebbe l'adozione di una serie di controlli e violerebbe gli accordi commerciali internazionali conclusi in particolare con l'Unione europea, ha aggiunto Alain Berset, creando contenziosi con l'Organizzazione mondiale del commercio e con gli Stati con i quali la Svizzera ha firmato accordi di libero scambio. Non sarebbero neanche escluse in questo scenario conseguenze negative anche sulle esportazioni svizzere.

In definitiva quindi il testo proposto viene considerato dal Consiglio federale inutile, poiché nel nostro Paese la dignità e il benessere degli animali sono già protetti dalla legge, e costoso, dato che provocherebbe l'aumento dei prezzi di molti prodotti alimentari.

Tra i promotori dell'iniziativa, lanciata il 12 giugno 2018, ci sono la presidente della Fondazione Franz Weber, Greenpeace, ma anche politici di vari orientamenti, come il consigliere agli Stati socialista Daniel Jositsch (PS), il consigliere nazionale verde Bastien Girod, nonché rappresentanti degli agricoltori come KAGfreiland e Bio Suisse.


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