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Un Pilatus coinvolto in un bombardamento in Afghanistan

Velivoli PC-12 prodotti nella fabbrica di Stans della Pilatus.
© Keystone / Gaetan Bally

Aerei spia fabbricati in Svizzera coinvolti in bombardamenti in Afghanistan. È la sconcertante notizia diffusa dal servizio di Temps Présent della Radiotelevisione svizzera Rts che ripropone la ricorrente questione sulla destinazione finale delle esportazioni di materiale bellico prodotto nella Confederazione.

Lo scorso 15 luglio le bombe sganciate nei pressi di un mercato in un piccolo villaggio del distretto di Shuhada hanno compiuto una strage. Secondo testimoni, che riferiscono di una dozzina di civili morti, nella zona dell’attacco è stata notata la presenza di un PC-12 prodotto dalla Pilatus, che avrebbe indirizzato l’attacco di un velivolo militare delle forze afghane, apparentemente un A29 costruito negli USA, sull’obiettivo. Successivamente Kabul aveva annunciato l’uccisione di venti terroristi talebani.

Ma cosa ci faceva un aereo civile elvetico sul teatro di un’operazione militare? L’inchiesta condotta dalla redazione di Temps Présent della Rts (in collaborazione con le altre unità della radiotelevisione pubblica svizzera e della NZZ am Sonntag) rivela che l’apparecchio fa parte di un lotto di 14 PC-12 venduti agli Stati Uniti e che, dopo apposite modifiche, sarebbe stato impiegato dall’aviazione militare afghana, aggirando i vincoli di Berna che vieta l’esportazione di armamenti in paesi coinvolti in un conflitto.

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Un caso scottante

In particolare nei velivoli della fabbrica nidvalese erano stati integrati dispositivi di sorveglianza, antenne, telecamere e doppie porte pressurizzate che ne avevano cambiato l’originale funzione di semplice mezzo di trasporto per usi civili.

L’aereo prodotto in Svizzera, fornendo le informazioni necessarie, avrebbe quindi avuto un ruolo essenziale per la conduzione del bombardamento. Un testimone contattato dalla Rts parla di “un aereo di color bianco che aveva effettuato dei giri per un’ora. Poi è atterrato un altro aereo di color nero. Al mercato le persone si muovevano in tutte le direzioni; non avevamo idea del luogo che era preso di mira”, afferma l’uomo, che quel giorno perse due figli.

La questione che rimane aperta riguarda ora il destino di questi aerei: secondo quanto sembra accertato infatti almeno uno di questi è ora nelle mani dei talebani che nel frattempo hanno conquistato il potere in Afghanistan.

I controlli di Berna

Già oggi vigono restrizioni all’esportazione di armamenti, che sono consentite solo previa autorizzazione specifica del governo federale. Berna verifica infatti che il materiale bellico non venga venduto a paesi coinvolti in conflitti.

La normativa è stata inoltre inasprita recentemente in seguito all’iniziativa popolare lanciata nel 2017 che intendeva estendere i vincoli agli Stati che violano gravemente e sistematicamente i diritti umani. La proposta alternativa elaborata nel marzo 2021 dal Consiglio federale è stata ritenuta soddisfacente dai promotori dell’iniziativa che l’hanno quindi ritirata.

A livello pratico, le aziende trasmettono una richiesta di esportazione alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ne verifica il contenuto. Un gruppo interdipartimentale di controllo delle esportazioni decide nei casi di particolare importanza. Se non è possibile trovare un’intesa, la decisione spetta al Consiglio federale. Sulla politica dei controlli le indicazioni dettagliateCollegamento esterno della SECO.


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