In estate sono aumentati i rimpatri di cittadini e cittadine ucraini dalla Svizzera.
Keystone / Stepan Franko
Difficoltà di integrazione, scuola e preoccupazioni per la casa abbandonata spingono numerosi profughe e profughi ucraini a tornare in patria, soprattutto in estate. Ma non si sa se sia già un'inversione di tendenza.
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tvsvizzera.it/spal con RSI
Anche se la guerra in Ucraina non accenna a fermarsi, molte persone fuggite negli scorsi mesi stanno rientrando in patria. Addirittura da diverse settimane in Svizzera si registrano meno arrivi che partenze. Da qualche mese il numero di rifugiati ucraini nel Paese è stabile, oscillando attorno alle 65’000 persone.
“In tutti i Paesi europei attualmente sono più le ucraine e gli ucraini che partono di quelli che arrivano”, spiega Daniel Bach, portavoce della Segreteria di Stato della migrazione (SEM). Anche in Svizzera si assiste a un calo ma è ancora troppo presto per capire se si tratti di un’inversione di tendenza, spiega Berna.
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Alla fine del mese di giugno lo statuto speciale di protezione (S) – che accorda agevolazioni ai titolari in termini di accesso al lavoro e ai servizi sociali – era già stato ritirato a 4’000 ucraini che hanno lasciato la Confederazione. A questi se ne sono aggiunti nel frattempo molte altre centinaia.
“In estate i rientri aumentano”, spiega Julia Peters, ucraina residente in Svizzera e presidente di un’associazione di volontari. “In inverno faceva freddo, non c’era luce, non c’era gas e molti temevano di non sopravvivere. In estate ci si sente invece più sicuri e si spera che entro il prossimo inverno la guerra sia finita”.
Molti rientri sono legati anche al fatto che in Ucraina ricomincia la scuola, altri sono dovuti alle difficoltà di trovare un lavoro. “Se la situazione non peggiorerà drasticamente – osserva Daniel Bach (SEM) – prevediamo che entro fine anno in Svizzera verranno presentate 20’000 nuove richieste per lo statuto di protezione S. Considerando però le partenze, pensiamo che a fine 2023 il numero di rifugiati sarà lo stesso che all’inizio dell’anno”. Molto dipenderà però dall’evoluzione del conflitto armato, che potrebbe protrarsi anche nei mesi invernali.
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