Strage di Erba, perché si parla dell’innocenza di Rosa e Olindo
La coppia è stata condannata all'ergastolo in Cassazione, ma ora il sostituto procuratore generale di Milano Tarfusser ha chiesto la riapertura del caso, alla luce di nuovi elementi.
La sera dell’11 dicembre 2006 venivano uccisi a coltellate e sprangate a Erba, in provincia di Como, Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, di due anni, la madre Paola Galli e Valeria Cherubini, una vicina di casa.
Unico sopravvissuto fu Mario Frigerio. Anche lui venne ferito al collo, ma grazie a una malformazione alla carotide, non morì dissanguato e divenne, come si dice in terminologia giudiziaria, il super testimone della “strage di Erba”. Dopo l’efferato delitto, avvenuto verso le 20, l’appartamento venne dato alle fiamme.
Le attenzioni degli inquirenti si concentrarono in un primo momento sul marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, ossia su Azouz Marzouk con precedenti penali legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Ma l’uomo aveva un alibi di ferro. In quei giorni si trovava in Tunisia, paese di origine, in visita da alcuni parenti.
Fu così che le indagini proseguirono su altre piste e quella che venne presa a pochi giorni del delitto, fu considerata la più attendibile. La stessa pista che ora, a distanza di 17 anni, sembra invece non essere più così solida.
Rosa e Olindo
Il comportamento anomalo dei vicini di casa, i coniugi Rosa Bazzi e Olindo Romano, che vivevano in una stretta simbiosi, destarono sospetti tra chi era incaricato di trovare il bandolo della matassa del caso. I due, che avevano avuto in passato diversi diverbi con Raffaella Castagna (una causa civile doveva essere discussa due giorni dopo la strage), apparivano distanti da quanto avvenuto a pochi metri da casa. Dalle intercettazioni ambientali messe agli atti, i coniugi non parlavano quasi mai dei delitti. Le indagini proseguirono fino all’arresto della coppia l’8 gennaio 2007 con l’accusa di omicidio plurimo pluriaggravato per Romano e di concorso per la moglie.
La macchia di sangue, la testimonianza, le confessioni
Gli elementi che portarono all’accusa nei loro confronti sono fondamentalmente due: il ritrovamento di una macchia di sangue appartenente a Valeria Cherubini sul battitacco dell’auto dei due coniugi e la testimonianza di Mario Frigerio che dal letto dell’ospedale, dove era ricoverato, affermò che fu Olindo Romano ad assalirlo quella sera e a perpetrare la strage.
La stessa coppia poi, separatamente, il 10 gennaio ammise di essere l’esecutrice materiale di quanto avvenuto, fornendo una serie di dettagli sui delitti. La Cassazione ha confermato l’ergastolo per tutti e due il 20 aprile 2010. Olindo Romano sta scontando la pena nel carcere milanese di Opera, mentre Rosa Bazzi in quello di Bollate. Si possono incontrare tre volte al mese.
Fin qui la verità processuale. Ora, come è detto, c’è chi afferma che quanto sancito è il risultato di una serie di errori giudiziari, una tesi più volte emersa negli anni anche dopo una serie di inchieste giornalistiche anche da parte della redazione del programma televisivo italiano “Le Iene”. Ma non solo, con il tempo, la stessa coppia si è poi professata innocente e lo stesso Youssef Marzouk ha sollevato molti dubbi sulla colpevolezza di Romano-Bazzi.
La possibile riapertura del caso
Il 12 aprile 2023 il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser ha depositato al procuratore generale Francesca Nanni e all’avvocato generale Lucilla Tontodonati una relazione, frutto di elementi presentati dalla difesa, per un’eventuale riapertura del caso. Ci vorrà almeno un mese per vagliare l’istanza di revisione. Allo stesso tempo, la difesa depositerà alla Corte di appello di Brescia (che ha giudicato e condannato in secondo grado la coppia) la domanda di revisione del processo.
I nuovi elementi
La relazione di Tarfusser (che ha lavorato per dieci anni alla Corte penale internazionale) è stata presentata “in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabile pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo” e contempla nuovi elementi.
Nelle 58 pagine in cui vengono evidenziati sia errori investigativi sia processuali, figurano ad esempio le intercettazioni ambientali di quando Frigerio, il teste chiave che nel frattempo è morto di malattia, si trovava in ospedale e che non sono mai entrate nel procedimento. In una di queste, l’uomo, avrebbe affermato che il suo aggressore “era scuro” e “non era qui del posto… olivastro…con tanti capelli corti”, una descrizione che non combacia con la fisicità di Olindo Romano. Su questo punto, per il sostituto procuratore generale il riconoscimento fatto da Frigerio può essere visto “come una falsa memoria”.
E sulla confessione della coppia? Anche in questo caso Tarfusser afferma che sono stati fatti errori, attraverso “errate tecniche di intervista investigativa”. Sono stati calcolati 243 errori compiuti da Olindo Romano nella descrizione di quanto avvenne nella notte della strage, in un passaggio diffuso dalla trasmissione “Le Iene”, appare confuso e chiede a chi lo interroga di scrivere quello che vuole. Allo stesso tempo, Rosa Bazzi, secondo perizie psichiatriche soffrirebbe di un “riconosciuto ritardo mentale”.
A ciò si aggiunge una testimonianza mai messa agli atti. Un uomo che faceva parte del gruppo dei fratelli di Marzouk che ha riferito di una faida con un clan rivale, nella quale anche lui era stato ferito con un’arma da taglio. Ha affermato che la casa dov’è avvenuta la strage era la base dello spaccio e il luogo dove venivano depositati gli incassi. Parole che riaprirebbero le porte a possibili regolamenti di conti nell’ambito dello spaccio. Un’altra persona aveva affermato che dopo il delitto aveva visto tre uomini, provenire dalla casa e che parlavano arabo.
E ora?
La revisione del processo, che è passato in tutti i tre gradi di giudizio previsto dall’ordinamento italiano, è un mezzo di impugnazione straordinario. Richiede dei requisiti tassativi per essere esercitato, dal momento che prevede di annullare la sentenza definitiva di condanna. In questo caso, solo le nuove prove potrebbero ribaltare la sentenza.
Un’ipotesi non condivisa da Pietro e Alberto Castagna che persero mamma, sorella e nipote nella mattanza. “Per noi la verità è una sola”, hanno scritto. Ossia che i colpevoli sono Rosa e Olindo.
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