Gli svizzeri che portarono il “Bernina” in Umbria
Agli inizi del '900, un gruppo di ingegneri elvetici progettò e realizzò la tratta ferroviaria tra Spoleto e Norcia, nel centro Italia. Un tracciato elettrificato e ispirato alle ferrovie panoramiche svizzere. I binari vennero smantellati nel 1970. Oggi il tracciato rivive come prototipo di mobilità dolce in Italia.
C’era una volta una ferrovia svizzera che solcava i colli dell’Umbria. Una favola iniziata un secolo fa e durata per diversi decenni, prima di trasformarsi in un percorso sostenibile per pedoni e ciclisti. Parliamo della linea che congiungeva Spoleto a Norcia, un piccolo gioiello di tecnica e progettazione elvetica, incastonato in uno dei paesaggi più affascinanti del centro Italia.
A progettarla fu un team di ingegneri svizzeri, alle dipendenze della Società Subalpina Imprese Ferroviarie (Ssif), che già aveva realizzato la tratta Domodossola-Locarno.
Un’epopea rosso-crociata tra le valli dell’Umbria
La storia della Spoleto-Norcia inizia nel 1912, poco dopo la fondazione della Subalpina ad opera dell’imprenditore Giacomo Sutter. Uno dei più importanti protagonisti degli albori della ferrovia in Europa, Sutter era nato a Mathon nel Canton Grigioni, ma era cresciuto in Ticino, ad Airolo.
Nel 1912 incaricò quattro ingegneri elvetici di progettare e realizzare la prima ferrovia elettrica a scartamento ridotto del centro Italia. Fu così che si trasferì a Spoleto un gruppo di lavoro in cui spiccava l’ingegner Erwin Thomann, di Münchwilen nel Canton Turgovia, che già aveva progettato la Ferrovia del Lötschberg e che aveva collaborato alla progettazione di quella del Bernina, il trenino rosso da Tirano a Saint Moritz. Fu Thomann il direttore del progetto esecutivo in Umbria, coadiuvato dai connazionali Basler, Hofmann e Dorfer.
Altri sviluppi
Un trenino rosso che è patrimonio mondiale
La progettazione durò oltre dieci anni, rallentata dalla Prima guerra mondiale. Negli anni Venti, esattamente un secolo fa, si passò alla realizzazione del tracciato di 52 chilometri, dei 24 ponti e viadotti, tutti costruiti in muratura e delle 19 gallerie, alcune delle quali elicoidali.
Un’impresa titanica per i tempi. Lo storico dell’arte dell’Università di Firenze, Giovanni Koenig, la definì “un’opera d’arte irripetibile con le maestranze attuali”. “Ha sempre rappresentato – diceva Koenig – per unanime giudizo non solo italiano, il massimo sforzo di tecnica dei tracciati: una specie di piccolo Gottardo umbro”.
Una linea elettrificata e a scartamento ridotto, moderna in un’Italia che andava ancora a vapore e già pensata come un tracciato panoramico “alla svizzera”, per un futuro utilizzo in chiave turistica.
La ferrovia venne inaugurata il 1° novembre del 1926 e restò operativa per quasi 42 anni, sopravvivendo ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Direttore di esercizio ne venne nominato l’ingegner Basler, che alla Spoleto-Norcia legò gran parte della sua vicenda umana e professionale.
L’ingegnere svizzero che amava Spoleto
Paolo Basler era nato il 28 settembre del 1885 a Zeihen, nel Cantone Argovia, ma era cresciuto ad Aarau, dove il padre era stato nominato a capo del Genio civile. Dopo la laurea in ingegneria al Politecnico di Zurigo, venne ingaggiato dall’impresa di Sutter e dopo alcune esperienze nel nord Italia, si trasferì, ancora ventenne, a Spoleto, dove sarebbe rimasto per il resto della vita, assieme a sua moglie Teresa Bianco e ai suoi tre figli.
Basler rimase direttore di esercizio della Spoleto-Norcia per quasi trent’anni, fino al luglio del 1954, quando andò in pensione. Per rimanere sempre in contatto visivo con la sua opera, si costruì una residenza estiva proprio accanto ad una delle maggiori opere ingegneristiche della linea, il viadotto della Caprareccia.
Ma la ferrovia non gli sopravvisse. Nel 1968, per decisione dell’allora Ministro dei Trasporti Oscar Luigi Scalfaro, i treni cessarono di operare sulla Spoleto-Norcia. Non solo. Un paio di anni più tardi anche i binari vennero smantellati, rendendone impossibile un futuro riutilizzo a scopo turistico.
L’ingegner Basler morì a 94 anni, nel 1979. Grazie a sua figlia Delfina, a suo nipote Paolo Laureti e alla Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria, è stato possibile recuperare il suo archivio. Una raccolta di cimeli, carteggi, bozzetti e disegni che raccontano l’intera storia della linea. Tra di essi, il baule con il quale Basler giunse a Spoleto, i quaderni sui quali prendeva appunti e il cosiddetto “Giornale Sutteriano”: “Un foglio goliardico – racconta Alessandro Bianchi, della Soprintendenza umbra che ha curato il recupero dell’archivio – sul quale il gruppo di ingegneri elvetici si canzonava, nei momenti liberi dal lavoro”.
Oggi, parte di questo materiale è esposta all’interno del Museo dell’ex ferrovia Spoleto-Norcia, allestito in quella che un tempo era la stazione di Spoleto, assieme a molti altri oggetti recuperati dal responsabile dell’esposizione Luigi Fasciglione, nipote del vecchio macchinista. Nel complesso museale c’è anche un plastico in scala 1:87 che attualmente ricostruisce la parte iniziale della linea, ma che verrà proseguito in modo da far rivivere, almeno virtualmente, l’intero percorso della ferrovia.
Dai binari alla greenway, il recupero ispirato alla mobilità dolce
Negli anni, sono state frequenti le richieste da parte degli abitanti di Spoleto e della Valnerina, per un ripristino almeno parziale della linea ferroviaria. La nostalgia di un binario perduto che, oggi, potrebbe davvero intercettare gli iniziali obiettivi turistici pensati dai progettisti.
Tuttavia, pur senza strada ferrata, il tracciato è già in fase di recupero. Oggi è un prototipo di greenway a livello italiano e continentale. La vecchia linea del treno è percorribile a piedi, in bicicletta o a cavallo, seguendo una filosofia nuova, più sostenibile e ispirata ad un riutilizzo attento all’ambiente e al territorio.
Ad occuparsi della nuova vita della Spoleto-Norcia è la concessionaria Umbria Mobilità, assieme alla Cooperazione per la mobilità dolce (Co.Mo.Do.). Un organismo, quello diretto da Paolo Capocci, che è anche un centro studi per la formazione didattica e che ha sede nel Museo ferroviario di Spoleto. L’obiettivo è quello di promuovere un modo diverso di fruire del territorio, più lento e coinvolto.
In questa direzione va il recupero delle stazioni in tardo stile Liberty che si affacciano sul percorso. Come quella di Sant’Anatolia di Narco, oggi divenuta un punto di ristoro e informazioni, gestito da Paola Bazzoli. Oppure l’organizzazione del Mese della mobilità dolce e della Giornata delle ferrovie dismesse, che cadono entrambi proprio nel mese di marzo.
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