La gestione della pandemia in Lombardia è approdata in tribunale con un’azione collettiva: 500 cittadini - familiari di 70 vittime del Covid-19 - hanno chiesto un risarcimento danni per circa 100 milioni di euro alla Presidenza del Consiglio, al Ministero della Salute e alle autorità regionali, accusate di essersi fatte trovare impreparate, oltre che di aver mentito. Giovedì si è tenuta a Roma la prima udienza.
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La domanda che tutti si pongono è se i loro cari avrebbero potuto essere salvati. Il sospetto è che qualcuno di loro sia stato sacrificato quando mancavano i posti nei reparti di cure intensive e i medici dovevano fare delle scelte dolorose.
Alcune persone sono anche morte in casa, poiché non sono state ammesse da ospedali che erano al collasso. “Quello che vorremmo”, spiega uno dei parenti delle vittime, “è che in un Paese che sta ripartendo non si perda la memoria”.
Sotto accusa non è però solo la sanità lombarda, ma quella di tutto il Paese: il piano pandemico applicato è stato definito vecchio e inadeguato, poiché era stato ideato nel 2006 e da allora mai modificato. Ed è proprio questo uno dei principali elementi su cui puntano i legali che hanno prodotto circa 2’000 pagine di elementi probatori. In aggiunta ci sono anche documenti che le autorità sanitarie italiane hanno trasmesso a quelle europee e internazionali.
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