Scoperto un nuovo potente anticorpo contro il Covid-19
Il Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) e il Politecnico federale di Losanna (EPFL) hanno scoperto un anticorpo monoclonale molto potente che mira alla proteina spike del SARS-CoV-2 ed è in grado di neutralizzare le differenti varianti.
"Lo sviluppo di questo nuovo anticorpo segna una tappa decisiva nella battaglia alla pandemia", hanno indicato i due istituti romandi in un comunicato congiunto inviato mercoledì ai media. "Apre la strada a un miglioramento della presa a carico delle forme gravi della malattia" e a "promettenti misure profilattiche, nella veste di medicamenti, in particolare per le persone con un sistema immunitario indebolito".
L'anticorpo in questione è stato isolato a partire dai globuli bianchi di un paziente affetto da Covid-19 nel quadro di uno studio realizzato dal Servizio di immunologia e allergologia del CHUV. Secondo i lavori, pubblicati sulla rivista Cell Reports, si tratta di uno dei più potenti identificati per ora contro il SARS-CoV-2.
I test clinici dovrebbero iniziare alla fine del 2022: questa scoperta non intende quindi rimpiazzare i vaccini, che restano il mezzo più efficace per proteggersi dal Covid, viene precisato nella nota.
Come funziona?
L’anticorpo in questione si lega in una posizione che non subisce mutazioni sulla proteina spike. Grazie a questa stretta interazione, blocca il ciclo di riproduzione virale e comporta l'eliminazione del virus da parte del sistema immunitario. Un meccanismo che stato dimostrato su alcuni criceti, che in seguito non si sono infettati nonostante l’esposizione a una dose altamente infettiva del coronavirus.
Gli scienziati hanno concepito l'anticorpo anche per fare in modo che abbia una durata d'azione prolungata negli umani. Un anticorpo classico (non modificato) protegge per un massimo di 3-4 settimane, mentre quello modificato è efficace per un periodo che va dai quattro ai sei mesi.
"Diventa dunque un'opzione preventiva molto interessante per tutelare le persone vulnerabili non vaccinate o quelle vaccinate ma incapaci di produrre una risposta immunitaria", spiegano i ricercatori. Gli immunodepressi, chi ha subito un trapianto di organo e alcuni pazienti afflitti da tumore potrebbero ricevere un'iniezione con l'anticorpo due o tre volte all'anno, viene riassunto nella nota.
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