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Quel museo della Val d’Ossola che racconta il Duomo di Milano

duomo di Milano
Il marmo del Duomo di Milano proviene da un centinaio di chilometri a nord-ovest. Keystone-ATS

MuLM è il Museo più lungo del mondo, che si sviluppa tra Ticino, Lombardia e Piemonte. A questo itinerario culturale si è aggiunta recentemente una tappa: il Museo del Marmo e del Granito di Mergozzo, in Val d'Ossola.

Dal Passo del San Gottardo fino a Milano: è questo nelle grandi linee il percorso del Museo più lungo del mondo (MuLMCollegamento esterno), un itinerario finanziato grazie al programma di cooperazione transfrontaliera Interreg, nato sulla scia dell’apertura della galleria ferroviaria di base del San Gottardo e il cui obiettivo è di valorizzare, in particolare mettendole in rete, delle realtà culturali e museali di questa regione di confine.

Da qualche mese, il MuLM conta un nuovo venuto: il Museo del marmo e del granito (MuMag) di Mergozzo, nel Parco Nazionale della Val Grande, in Val d’Ossola.

Una storia, quella delle pietre di questa regione, legata a doppio filo con quella del Duomo di Milano e altri monumenti. La cattedrale milanese inizialmente fu ideata con semplici mattoni, ma Gian Galeazzo Visconti volle poi edificarla con il marmo.

L’indispensabile via d’acqua

Nel gennaio 1387 si gettarono così le fondazioni dei piloni e il Duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori. Ma come e da dove arrivava questo marmo nel cuore di Milano? Sempre e soltanto dalla frazione di Candoglia, nel comune di Mergozzo, a lato del fiume Toce e all’imboccatura della Val d’Ossola, in Piemonte. Perché proprio lì? La difficoltà non fu allora quella di trovare una cava (ve n’erano tante), ma di individuarne una che fosse ideale per il trasporto verso sud di tonnellate di marmo.

A questo scopo, il 24 ottobre 1387, Gian Galeazzo Visconti cedette in uso alla Veneranda Fabbrica quella da lui scelta, la Cava di Candoglia, e concesse il trasporto gratuito dei marmi fino a Milano, attraverso le vie d’acqua. Le chiatte che trasportavano la pietra, per non pagare dazi e avere il via libera rispetto ad altre merci erano contrassegnate da tre lettere: A.U.F. Ad Usum Fabricae.

chiatta
È in questo genere di chiatte che fino a tempi relativamente recenti la pietra veniva trasportata a Milano. tvsvizzera.it

Parola che poi il dialetto milanese prese come modello per definire chi viaggiava o mangiava o entrava “a uf”, cioè senza pagare, “a gratis”. La via del marmo di Milano si sviluppava per ben 100 chilometri con un dislivello di 34 metri. Il trasporto del materiale fino a Milano avveniva dal Toce al Lago Maggiore, lungo il Ticino e il Naviglio Grande per poi entrare nella darsena di Sant’Eustorgio; attraverso il sistema di chiuse, realizzato dalla Fabbrica, e arrivare infine al “Laghetto” (oggi Via Laghetto), a poche centinaia di metri dal cantiere della Cattedrale, nel cuore della città, dove lavoravano operai e scalpellini.

Una storia durata sei secoli

Per poco meno di 600 anni le cose sono andate sempre così, poi si è passati al trasporto via terra. Comunque ancora oggi la Veneranda Fabbrica per il suo lavoro di conservazione del Duomo milanese e di altri monumenti cura la manutenzione della Cava e la memoria della (allora) via del Marmo. Normale quindi che proprio a Mergozzo, vicino al laboratorio di restauro della Veneranda Fabbrica (dove lavorano gli “ornatisti”, coloro che rinnovano o ricostruiscono le opere e le statue in marmo del Duomo), sia sorto da pochi mesi questo piccolo museo dedicato al marmo e al granito, dove sono esposti alcuni reperti in marmo, materiali grezzi e documenti raccolti dal Gruppo archeologico di Mergozzo, nonché gli strumenti utilizzati per il taglio delle pietre e alcune opere d’arte.

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