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Quando invece delle vigne, c’erano distese verdi di tabacco

La storia della coltivazione di foglie di tabacco in Ticino si situa tra la scomparsa dell'industria della seta e la diffusione su larga scala della viticoltura. Le tracce di questi passaggi sono state raccolte da un appassionato insegnante in pensione, entrato in possesso di preziosi reperti del secolo scorso.

Pochi tipi di produzioni industriali hanno avuto un impatto sulla società ticinese quanto la lavorazione del tabacco. Oltre ad aver contribuito a una serie di dinamiche diventate leggendarie, in cui il traffico di sigarette tra Svizzera e Italia disegnava la cornice per racconti di fughe rocambolesche su sentieri clandestini, la lavorazione delle foglie di tabacco ha anche avuto un grande peso sull’economia e sulla società di frontiera tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Dell’epoca sono rimaste tracce palpabili sul territorio, come le strutture – oggi riconvertite ad usi differenti – che ospitavano le fabbriche di sigari, tra cui la Polus di Balerna o la Dannemann di Brissago. Meno appariscenti ma altrettanto preziosi per la memoria storica, sono invece i documenti e le fotografie dell’epoca.

In base al materiale visionato e dall’appassionato di storia locale Guido Codoni, nel 1883, nella sola cittadina di Chiasso, figuravano ben quattordici aziende attive nel settore. Eccone gli appellativi o i nomi dei proprietari:

  • Bernasconi Giovanni
  • Bianchi Battista
  • Camponovo Antonio
  • Cattaneo Giuseppe
  • Maraini Giuseppe
  • Fabbrica Tabacchi Brissago (sede di Chiasso)
  • Fabbrica Tabacchi SA
  • Fontana Antonio
  • Fontana Cesare
  • Fratelli Camponovo
  • Pasquali Antonio
  • SA Fabbrica Tabacchi Chiasso (si occupava, oltre che di tabacchi, anche di lana, cotone e seta)
  • Pereda Antonio
  • Stoppa e Bernasconi

Nel resto del Mendrisiotto ce ne erano poi altre quindici, per un totale di 29 aziende nella regione a confine con l’Italia.

Dopo aver insegnato per 40 anni nella scuola media, Guido Codoni, di Stabio, ha iniziato a dedicarsi attivamente a ripercorrere quelle che lui stesso chiama “le forti accelerazioni” subìte dalla società locale nel corso del secolo scorso, in modo che ciò che è stato non venga perso.

“Tra l’anno 1000 e il 1900 – ci racconta Codoni – non è che ci siano stati poi così tanti avvenimenti. Mio nonno, che è nato alla fine dell’Ottocento, ha visto nascere il cinema, le auto, gli aerei. Poi lo sbarco sulla Luna, l’arrivo del nylon e della penicillina. Le generazioni attuali hanno poi vissuto l’arrivo di Internet, che ha accelerato moltissimo tutto quello che è avvenuto prima. Anche grazie ai mass media, la storia viaggia oggi a una velocità supersonica, spazza via tutto. Quindi è importante testimoniare qualche cosa del passato”.

Ed è così che, quando un amico di Codoni scopre delle lettere appartenenti alla famiglia di industriali del tabacco argoviesi Aeschbach, nascoste nell’intercapedine della storica casa Carabelli di Obino (frazione di Castel San Pietro), conoscendo la sua passione, lo chiama per parlargliene.

Proprio come pronosticato dall’amico, l’interesse dell’ex insegnante viene solleticato. Le numerose missive che i membri della famiglia svizzero tedesca si sono scambiati sono quindi state minuziosamente lette, scansionate e archiviate da Guido Codoni che da lì è partito per ulteriori ricerche sul tema.

Una pubblicità all interno della Gazzetta Ticinese del 23 febbraio 1943.
Una pubblicità all’interno della Gazzetta Ticinese del 23 febbraio 1943. Museo della memoria

Codoni non era tuttavia nuovo a questo tipo di lavori. Dopo aver scritto diversi volumi che spaziano dal ruolo della frontiera di Stabio nella Seconda Guerra Mondiale (Il Gaggiolo sulla via della salvezza, 2014) alle testimonianze sul contrabbando (Storie di ramina, vicende, scoperte e incontri, camminando lungo il confine tra Mendrisiotto e Italia, 2018), si era infatti nel frattempo creato una solida rete di conoscenze che lo potessero aiutare a reperire ulteriore materiale.

Le prime piantagioni di tabacco in Svizzera sono sorte alla fine del XVII secolo in Ticino e nella regione di Basilea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel periodo d’oro della coltivazione nel nostro Paese, si contavano oltre 6’000 produttori su un’area di 1’450 ettari, riporta la cooperativa degli imprenditori Swiss TabacCollegamento esterno sul suo sito web.

Gli ultimi dati, quelli del 2021, riferiscono di 134 produttori in tutta la Svizzera, su una superficie di circa 390 ettari. Il calo è stato costante. Vent’anni prima, nel 2001, erano 357 e coltivavano un territorio che si estende su 650 ettari.

Oggi il tabacco viene ancora lavorato nell’Ajoie (canton Giura), nella Svizzera orientale, nei cantoni di Lucerna e Argovia, ma soprattutto nella pianura della Broye, a cavallo tra Vaud e Friburgo dove si concentra circa l’80% della produzione.

Dal 1993, i coltivatori svizzeri non ricevono più alcun sussidio federale. Ottengono comunque degli aiuti (che nel 2020 ammontavano a 16 milioni di franchi all’anno) dal fondo per il finanziamento del tabacco indigeno. Questo è alimentato dall’imposta sul tabacco e dai fabbricanti di sigarette che acquistano tabacco svizzero.

Le fotografie raccolte sono state numerosissime e hanno contribuito, insieme ai racconti contenuti nelle lettere degli Aeschbach, a raggruppare gli elementi necessari per dare vita a Una soffitta raccontaCollegamento esterno (edito dalla Tipografia Stucchi, 2022). Quest’ultimo libro di Codoni non si limita alla storia della famiglia argoviese. Ma espande il discorso alla comparsa della coltivazione di tabacco in Ticino, arrivata soppiantando quella del gelso. E termina con la sua scomparsa, rimpiazzata, in un certo senso, dall’ulteriore diffusione della vigna nella regione.

Dettaglio della copertina del libro Una soffitta racconta
Dettaglio della copertina di “Una soffitta racconta”. tvsvizzera



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