Quando gli Elvezi sognavano un altrove
La Francia ospita la più grande comunità di svizzeri e svizzere all'estero. Ma questo fascino per l'Esagono non risale a ieri. Il Museo romano di Avenches ritorna su un progetto di migrazione di massa degli Elvezi verso la costa atlantica.
Tutti conoscono Giulio Cesare. Quello che è meno noto, è che l’ingresso di questo generale romano nel pantheon dei grandi conquistatori è intimamente legato alla storia della Svizzera. Cesare aveva infatti colto il pretesto della migrazione degli Elvezi per intervenire in Gallia, preludio alla sua più celebre campagna militare.
Stabilitisi sull’Altopiano svizzero, gli Elvezi desideravano allora insediarsi nella Saintonge, nel sud-ovest della Francia, per sfuggire alla pressione dei Germani. Secondo la descrizione che ne fa Cesare nel primo libro della “Guerra gallica”, 368’000 Elvezi presero la via dell’esilio dopo aver incendiato i propri villaggi e raccolti per precludersi ogni possibilità di ritorno. Furono però schiacciati dall’esercito romano a Bibracte (Borgogna) e i sopravvissuti vennero costretti a tornare alle proprie dimore sotto il controllo romano.
Nessuna traccia materiale
A parte una breve menzione di questo progetto di migrazione da parte di Cicerone, la “Guerra gallica” è l’unica fonte storica che narra l’evento, risalente al 58 a.C.. Una descrizione inevitabilmente di parte, poiché emana dal protagonista, e che lascia ampie zone d’ombra, in particolare sull’itinerario esatto di questa migrazione di massa.
E l’archeologia non può fare nulla per sopperire a questa mancanza di fonti scritte. Non è infatti stata trovata alcuna traccia materiale di questo spostamento e persino l’ubicazione della battaglia di Bibracte è oggetto di controversie tra specialisti e specialiste.
Per la sua esposizione temporanea, il Museo romano di Avenches ha tuttavia trovato il modo di aggirare il problema. Il tema è affrontato per mezzo di una mostra fotografica.
“Siamo stati contattati dal fotografo neocastellano Yves André”, spiega Denis Genequand, direttore del Sito e Museo romani di AvenchesCollegamento esterno. “Era una proposta estremamente interessante, perché la fotografia è un modo per materializzare questa migrazione che non ha praticamente lasciato tracce”.
Tre capitoli
Sulla base del racconto di Cesare e dopo aver consultato specialisti e specialiste, il fotografo Yves André ha percorso il plausibile itinerario che gli Elvezi potrebbero aver intrapreso tra la Svizzera e la Borgogna.
Ampio spazio è lasciato all’interpretazione. “Abbiamo pochi punti di riferimento precisi: una partenza dall’Altopiano svizzero, un passaggio da Ginevra e verosimilmente attraverso la gola de l’Écluse, a una ventina di chilometri a valle della città. Per il resto, il testo di Cesare non menziona luoghi esatti; si tratta solo d’ipotesi”, dichiara Denis Genequand.
“Inoltre, se erano così numerosi come afferma Cesare, bisogna immaginare convogli separati, con gruppi che percorrevano itinerari differenti. Gli Elvezi non sono necessariamente passati tutti per lo stesso punto, in una carovana estesa per decine e decine di chilometri”, aggiunge il direttore.
L’itinerario fotografico, invece, si articola in tre capitoli. Una prima serie di scatti illustra la migrazione verso la Gallia. Si tratta di piccole foto a colori presentate in coppia: la prima mostra un paesaggio relativamente preservato, come avrebbero potuto vederlo gli Elvezi, spesso con un elemento che evoca lo spostamento (un sentiero, un corso d’acqua). La seconda presenta una vista dello stesso luogo, ma decisamente moderna e con una marcata presenza umana.
La seconda serie illustra il viaggio di ritorno, dalla Borgogna all’Altopiano svizzero, attraverso i passi del Giura. Queste foto sono più grandi e in bianco e nero, per sottolineare il carattere mesto del rientro forzato dopo la sconfitta. Infine, al centro dell’esposizione, si scoprono otto enormi foto a colori della Saintonge, per evocare quella che avrebbe potuto essere questa “Elvezia sognata”.
I nostri antenati… i Bavaresi
Le foto sono accompagnate da testi scientifici che spiegano il contesto storico e da passaggi di un’opera di finzione ispirata a questi eventi, che narra la storia di una giovane donna che segue la migrazione della sua comunità e prosegue da sola verso ovest dopo la sconfitta.
La mostra interroga anche la nozione d’identità e ricorda che le migrazioni hanno sempre plasmato la Storia. “Vedo un parallelo con la situazione delle persone migranti che tentano di sfuggire a condizioni di vita difficili nei loro Paesi”, scrive il fotografo Yves André nel catalogo. “Con questo progetto, desidero offrire una visione diversa dell’origine della Svizzera, che dovrebbe consentire una migliore comprensione del fenomeno migratorio”.
“È un modo per mostrare che le popolazioni che abbiamo attualmente in Europa non sono mai state stabilite in modo definitivo in un luogo”, dichiara da parte sua Denis Genequand. “Questa mostra è un modo per mettere in prospettiva questi movimenti demografici”.
Il direttore del museo sottolinea che le recenti ricerche archeologiche indicano come gli Elvezi – che il racconto storico del XIX secolo ha eretto ad antenati delle svizzere e degli svizzeri – provenissero dalla Baviera.
Altri sviluppi
Perché Giulio Cesare si sbagliava riguardo agli Elvezi
“Arrivano verosimilmente tra il 100 e l’80 avanti Cristo”, dichiara Denis Genequand. “E appena qualche decennio più tardi, sentendosi allo stretto sull’Altopiano svizzero e minacciati dai Germani, decidono di ripartire.
Questi antenati della Confederazione Elvetica, che si ritiene fossero stanziali, sono in realtà gruppi che si sono spostati e i movimenti di popolazione a cui assistiamo oggi sono la prosecuzione di dinamiche che hanno sempre avuto luogo”.
Se non vi è possibile recarvi al Museo romano di Avenches, l’insieme delle foto e dei testi è raccolto nel catalogo dell’esposizione temporanea: Paysages de la migration des Helvètes en 58 avant notre ère, da ordinare quiCollegamento esterno.
A cura di Samuel Jaberg
Tradotto con il supporto dell’IA/mrj
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