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Tragedia fiorentina intorno a un leggendario stadio di calcio

veduta all interno di uno stadio
La torre di Maratona, alta 75 metri, è un po' il simbolo dello stadio Artemio Franchi di Firenze. Keystone / Francesco Bellini

Il nuovo proprietario della società viola vuole abbattere l'Artemio Franchi. Buona parte del mondo culturale grida allo scandalo. E in ambito di patrimonio architettonico, in Italia i toni del dibattito spesso salgono rapidamente. Anche per quanto concerne gli stadi.

Nello stadio Artemio Franchi di Firenze si gioca a calcio dal 1932. Undici contro undici, con una palla di cuoio. È bene tenere presente questo semplice fatto, soprattutto quando entrano in gioco categorie più grandi: denaro contro arte, commercio contro identità, brutalità contro bellezza. Altrimenti si rischia di smarrire il senso delle proporzioni.

Il Franchi è il luogo in cui da quasi novant’anni la Fiorentina e i suoi tifosi festeggiano cavalcate trionfanti o sprofondano nella disperazione, spesso in rapida successione. La squadra viola ha conquistato due volte il titolo di campione d’Italia. Nel complesso, quindi, i periodi di insuccesso sono stati molto più lunghi. “È lì che abbiamo vissuto tutte le gioie e i dolori”, afferma Dario Nardella, il sindaco di Firenze. “Il Franchi è un simbolo della città, il monumento del calcio fiorentino e non è una qualunque statua equestre”.

Questo accostamento con la statua equestre gli sta a cuore e ritornerà durante la conversazione.

+ L’articolo originale in tedesco pubblicato dal Tages-AnzeigerCollegamento esterno

Un impianto che incarna un’epoca

Buona parte del mondo della cultura e degli ambienti dell’architettura internazionale sono in fermento a causa di questo vecchio stadio di calcio, progettato da Pier Luigi Nervi, il celebre maestro del razionalismo. Circolano petizioni per salvare il Franchi e il tono degli appelli è molto allarmato. Si paventa la scomparsa di un impianto sportivo che incarna un’epoca iconico e nello stesso tempo si teme un precedente.

ritratto di Pier Luigi Nervi
L’architetto Pier Luigi Nervi, in una foto del 1961, è considerato uno dei grandi maestri del razionalismo. Keystone / Str

Il nuovo proprietario del club vorrebbe abbatterlo, per costruire al suo posto un’arena moderna con saloni VIP e un centro commerciale. Il tutto interamente coperto. Rocco Commisso, italo-americano di New York, imprenditore e multimiliardario, ha acquistato la società due anni fa e da allora si è distinto per il suo stile schietto – maleducato, diranno alcuni.

Commisso può senz’altro essere inserito a pieno titolo nella lista dei presidenti di club italiani che si distinguono per un certo egocentrismo. Quando fu accusato di non riconoscere il significato culturale e storico dello stadio, disse: “Adesso mi chiamano anche Attila, il distruttore. Ma non voglio abbattere il Colosseo o Palazzo Vecchio”.

Queste dichiarazioni non hanno migliorato le cose. Per chi vuole conservare lo stadio nella sua forma attuale, come l’organizzazione non governativa Icomos, Italia Nostra e il Fondo Italiano Ambiente, attivi nell’ambito della protezione dei monumenti storici, il Franchi fa parte del patrimonio architettonico italiano che non può essere toccato. L’impianto un po’ malandato è un capolavoro dell’architettura razionalista del XX secolo. Al momento del suo completamento era all’avanguardia, una provocazione di cemento, dalle linee drammaticamente chiare.

Come tra guelfi e ghibellini

Generazioni di studenti di architettura si sono già recate a Firenze per studiare da vicino questo audace stadio, la sua torre di Maratona che si erge nel cielo come un razzo, le tre scale a chiocciola ad incastro dietro le curve, le strutture portanti a vista sotto le tribune, la leggera copertura in cemento armato. Rari sono i libri di architettura che non dedicano almeno qualche pagina e qualche foto al Franchi.

Nel suo appello per la conservazione, il noto critico d’arte Tomaso Montanari ricorda che sul passaporto italiano a pagina 31 è raffigurato, tra le altre opere del patrimonio nazionale, lo stadio di Pier Luigi Nervi. E non è un dettaglio. Il contrasto tra le motivazioni di chi vorrebbe custodire il patrimonio e coloro che preferirebbero fare tabula rasa non potrebbe essere più esemplare che in questo caso: “La storia, l’identità e la bellezza affrontano la brutalità del mercato, del denaro e del potere”, scrive Montanari.

“Questa gente vorrebbe mettere l’Italia in naftalina”

Dario Nardella

Per il sindaco si va un po’ troppo in là. Si litiga come ai tempi dei guelfi e dei ghibellini, sottolinea Nardella. “Gente come Montanari vorrebbe mettere l’Italia in naftalina”. Il 45enne democratico ha studiato e insegnato lui stesso conservazione del patrimonio. Senza innovazione è impossibile sviluppare le città, dice. “Con le tante regole di oggi e i dettami dei puristi moderni, il Brunelleschi non avrebbe costruito la cupola del Duomo di Firenze e Michelangelo non avrebbe potuto mettere il suo David in Piazza della Signoria”.

E in materia di patrimonio artistico, in Italia il tono del dibattito spesso sale rapidamente. Anche per quanto concerne gli stadi.

Anche il cemento armato non è eterno

Nervi progettò lo stadio non con una forma ovale o rettangolare, bensì a forma di D. In seguito, vi furono discussioni per sapere se la D stava per Duce. Ma il progetto di Nervi seguì in realtà una sola linea costruttiva: davanti alla tribuna principale doveva essere costruita una pista di 220 metri per l’atletica leggera. Il resto derivava da lì. Ma l’epoca era quella del Duce. All’inizio, lo stadio prese il nome di un militante fascista fiorentino, Giovanni Berta. Dopo la Seconda guerra mondiale fu ribattezzato semplicemente Stadio Comunale. E infine, nel 1991 fu dedicato al popolare ex presidente della Federazione italiana giuoco calcio Artemio Franchi.

Nel corso degli anni ci sono stati molti progetti di modernizzazione. Anche i più conservatori pensano che lo stadio debba essere rinnovato. Non da ultimo perché a livello statico la situazione è precaria. Il tempo porta via tutto e anche il cemento armato non dura per sempre. Finora, hanno potuto contare sul fatto che l’edificio era protetto nella sua globalità. Anche quando fu ristrutturato per i Mondiali del 1990 e furono creati 45’000 posti a sedere al posto di quelli in piedi, le caratteristiche del design di Nervi hanno dovuto essere preservate.

L’articolo 55 bis cambia tutto

Ma ora improvvisamente tutte le certezze sono state rimesse in discussione a causa di un unico paragrafo di un decreto del Parlamento italiano del mese di luglio: il cosiddetto Decreto semplificazione. L’obiettivo è di semplificare la burocrazia del Paese, di snellirla e soprattutto di facilitare l’aggiudicazione degli appalti di costruzione.

L’articolo 55bis allenta la rigida tutela dei monumenti per i quali l’Italia è famosa, solo per gli impianti sportivi però. Il decreto precisa che anche gli stadi protetti in quanto monumenti storici possono essere ricostruiti, a condizione di conservare “specifici elementi strutturali, architettonici o visuali […] a fini testimoniali”. Nel caso dello stadio “Artemio Franchi” si tratterebbe probabilmente della torre di Maratona e delle scale a chiocciola. Ma questi elementi non devono necessariamente essere conservati nel luogo in cui si trovano oggi. Secondo il decreto, la torre potrebbe anche essere smontata e ricostruita da qualche altra parte, separata dallo stadio. Commisso il demolitore avrebbe così mano libera.

La competenza per definire quali elementi sono da considerare “testimonianze” è del Ministero della Cultura. Per questo il dossier “Franchi” è ora a Roma. “La decisione sarà presa tra qualche settimana”, indica Nardella. Coloro che militano per una conservazione pura e semplice non sembrano molto fiduciosi ed hanno già annunciato un possibile appello. Ai loro occhi, al di sopra dei vari decreti e leggi deve prevalere l’articolo 9 della Costituzione italiana, che recita così: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.


Il parallelo con lo stadio Flaminio di Roma

Nardella sostiene una via di mezzo, un rispettoso “restyling”, come lo definisce. “Nervi ha costruito uno stadio, non un museo”, sottolinea. “Anche in futuro dovrà servire per giocare a calcio; non vogliamo esporvi delle opere di Botticelli”. Per queste vi sono gli Uffizi. Nardella avverte che se non sarà fatto nulla rischia di ripetersi quanto successo per lo Stadio Flaminio di Roma. “Si è discusso e litigato talmente a lungo che lo stadio è finito in stato di abbandono”. La natura ha pian piano invaso e inghiottito l’arena.


Anche il “Flaminio” è firmato da Pier Luigi Nervi. Si erge triste e abbandonato nella zona nord di Roma, come una sorta di memoriale dell’immobilismo cronico e della burocrazia farraginosa.

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