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Niente papà e mamma, a Zurigo meglio dire “genitore”

Adulti e bambini.
Le famiglie sono tante e variegate. Keystone / Dominic Steinmann

Fa discutere la raccomandazione contenuta in una comunicazione dell’amministrazione cittadina che invita ad usare un linguaggio maggiormente inclusivo.

Tra le indicazioni contenute in una newsletter, inviata alle e ai residenti dal Servizio di consulenza per madri e padri della Città di Zurigo, c’è quella di usare i termini neutri come “genitore” o ”figlio” (Kind in tedesco è neutro, ndr), quando ci si riferisce ad altre famiglie. Un concetto tratto dalla pubblicazione “Cosa sarà? Un bambino! Come funziona la genitorialità aperta alle questioni di genere” (“Was wird es denn? Ein Kind”) della filosofa Ravna Marin Siever, che si occupa da tempo di questa tematica.

L’uso di vocabolario più neutrale e inclusivo, così come i giochi e il modo di vestirsi, secondo lo spirito della comunicazione, dovrebbero essere il meno condizionati possibile dagli stereotipi vigenti nella società e questo allo scopo di consentire una libera maturazione delle giovani generazioni.

È quindi preferibile, sostiene l’informativa comunale, rivolgersi al proprio figlio o figlia di altri chiamandolo/a per nome. Il bambino/a deve poter sperimentare e bisogna consentirgli, ad esempio, di indossare gli indumenti e i gioielli che preferisce, tenere capelli lunghi o corti, mettersi lo smalto se lo desidera.

L’email ha immediatamente suscitato reazioni e aperto il dibattito anche tra i politici. L’amministrazione comunale ha spiegato che la comunicazione risponde a sollecitazioni provenienti da centinaia di famiglie che chiedevano istruzioni su come comportarsi riguardo.

Non si tratterebbe neanche di consigli, ha precisato un portavoce della città, ma di informazioni alla popolazione che hanno lo scopo di far comprendere l’ampia gamma di esperienze e di prospettive su questo tema.

Naturalmente esponenti politici conservatori hanno denunciato quello che per molti di loro è un tentativo di annullare le differenze tra i sessi e un’intrusione indebita nell’educazione dei figli, che è una questione privata. C’è comunque da scommettere che di questa vicenda sentiremo ancora parlare.

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