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Donald Trump ricatta i palestinesi

Donald Trump continua ad esercitare l'arte della diplomazia a colpi di minacce, ricatti e taglio di aiuti finanziari: l'ultima vittima, dopo l'Onu per il voto su Gerusalemme e il Pakistan per lo scarso impegno contro il terrorismo, sono i palestinesi. Nel 2016 gli USA hanno versato a favore dei palestinesi 370 milioni di dollari.

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Questi sono colpevoli a suo avviso di non voler più negoziare la pace con Israele dopo che gli Usa hanno riconosciuto Gerusalemme come capitale di quel Paese.

“Non è solo al Pakistan – ha twittato il tycoon – che paghiamo miliardi di dollari per nulla, ma anche per molti altri Paesi. Ad esempio, paghiamo ai palestinesi centinaia di milioni di dollari all’anno e non otteniamo alcun apprezzamento o rispetto. Non vogliono neppure negoziare un trattato di pace con Israele necessario da molto tempo”.

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“Noi abbiamo tolto dal tavolo Gerusalemme, la parte più dura del negoziato, ma Israele, per questo, avrebbe dovuto pagare di più. Ma con i palestinesi non più desiderosi di colloqui di pace, perchè dovremmo fare loro uno qualsiasi di quei massicci pagamenti futuri?”, ha minacciato.

I suoi tweet seguono i piani, rivelati poco prima dall’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley, di mettere fine ai finanziamenti all’agenzia dell’Onu che fornisce aiuti umanitari ai rifugiati palestinesi: gli Stati Uniti sono il maggior donatore, con un impegno di 370 milioni di dollari nel 2016.

La mossa rischia di incendiare ulteriormente il Medio Oriente e di alimentare l’anti americanismo in quella regione, dopo le proteste seguite alla decisione unilaterale della Casa Bianca su Gerusalemme. Una scelta sconfessata sonoramente prima dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e poi dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nonostante la minaccia del tycoon di segare gli aiuti ai Paesi che avrebbero votato contro gli Usa.

Tagli passati

Ma Trump è passato subito ai fatti, tagliando all’Onu 285 milioni di dollari per il 2018 e il 2019. Poi è toccato al Pakistan per il suo “doppio gioco” con i terroristi: 255 milioni di dollari di aiuti in meno. Il risultato è una crisi diplomatica con un partner potenzialmente chiave nella lotta al terrorismo. 

Ora il ricatto ai palestinesi. Il loro rifiuto di sedersi ad un tavolo è la reazione ad una decisione a sorpresa americana sullo status di Gerusalemme che avrebbe dovuto far parte dei colloqui di pace e che è arrivata senza neppure essere accompagnata da un piano o una proposta di mediazione. Sembra quasi che Trump, propostosi inizialmente come arbitro del conflitto, voglia dettare le condizioni ai palestinesi mettendoli di fronte a fatti compiuti e agitando il cordone della borsa.

Quella stessa borsa che, su un piano diverso, agita anche con gli alleati Nato quando reclama un aumento delle spese militari o con la Cina quando evoca guerre commerciali, per ora congelate in nome del nemico comune nordcoreano.

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