“Meno protezione sociale per stranieri e lavoratori poveri”

La Conferenza della Commissione federale per la migrazione si dice preoccupata della situazione di molti stranieri e straniere e "working poor" in Svizzera quando si tratta di accesso agli aiuti sociali.
Molte persone in Svizzera, soprattutto stranieri e straniere e “working poor” (lavoratori poveri), non sono protette dalla sicurezza sociale e rischiano di precipitare nella povertà estrema. La Conferenza della Commissione federale per la migrazione (CFM) ha espresso giovedì la sua preoccupazione.
I partecipanti alla conferenza hanno osservato che la rete della sicurezza sociale non funziona in modo uguale per tutti e non tutti beneficiano della protezione.

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Le persone senza passaporto svizzero devono confrontarsi anche con le possibili conseguenze della legge sugli stranieri se si rivolgono all’assistenza sociale. C’è chi preferisce così rinunciare all’assistenza e rivolgersi alle organizzazioni umanitarie. In alcuni casi, queste persone finiscono per indebitarsi o essere costrette a rinunciare ai bisogni primari.
Migranti senza documenti, senzatetto, “working poor” e rifugiati e rifugiate sono le altre categorie della popolazione minacciate dalla mancanza di protezione sociale.
Prepararsi all’accoglienza
Ricercatori, ricercatrici, esperti ed esperte del settore del settore e del mondo politico si sono incontrati a Berna per cercare di individuare i modi per porre rimedio a quella che il CFM chiama “insicurezza sociale”. Claudine Burton-Jeangros, docente all’Università di Ginevra, ha parlato dei risultati dell’operazione PapyrusCollegamento esterno sulle condizioni di vita e di salute dei nuovi migranti regolarizzati.
Che cos’è il progetto Papyrus?
Si tratta di un progetto nato nel febbraio 2017 da un’iniziativa del Cantone di Ginevra. L’operazione Papyrus mira a regolarizzare lo statuto dei lavoratori privi di documenti (sans-papiers) che sono ben integrati in Svizzera e che risiedono da più anni nel cantone.
La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) accompagna il progetto nel quadro della legislazione vigente. Nella sua veste di autorità di approvazione esamina i dossier riguardanti i casi di rigore che le vengono sottoposti dalle autorità ginevrine. La SEM applica le condizioni previste dalla legge federale sugli stranieri e dalla relativa ordinanza d’applicazione. (Segreteria di Stato della migrazione SEM)
La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), ha sottolineato l’importanza delle sfide legate alla migrazione. Circa 66’000 rifugiati e rifugiate ucraini, fuggiti dal loro Paese dopo lo scoppio della guerra, vivono attualmente in Svizzera. Stando alle ultime previsioni, inoltre, si prevede che nel corso del 2023 arriveranno in Svizzera circa 27’000 migranti. “Dobbiamo aspettarci un aumento delle migrazioni in futuro a causa dei cambiamenti climatici”, ha avvertito Baume-Schneider, invitando a non mettere i “vecchi” e i “nuovi” migranti gli uni contro gli altri. Il DFGP, ha detto, riflette costantemente su come la Confederazione possa integrare al meglio queste persone.
“La povertà non è un crimine”
La Consigliera federale ha poi aggiunto: “La promozione dell’integrazione nel mercato del lavoro delle persone che non hanno il passaporto svizzero è qualcosa che mi sta a cuore”. È una questione di “dignità” delle persone interessate, ma si tratta anche di “contribuire alla prosperità” del Paese.
Mercoledì Elisabeth Baume-Schneider ha presentato ai suoi colleghi del Consiglio federale un pacchetto di misure volte ad aiutare gli stranieri e le straniere a inserirsi nel mondo del lavoro. Una delle principali ambizioni è, ad esempio, quella di garantire ai e alle giovani fuggiti dall’Ucraina la possibilità di terminare il loro apprendistato in Svizzera, indipendentemente dalla durata del conflitto. Il DFGP vuole anche facilitare l’accesso alla formazione professionale a chi si è visto respingere la richiesta d’asilo e ai e alle migranti senza documenti.
La direttrice del DFGP, che ha esperienza nel settore, ha osservato che il ricorso all’assistenza sociale non è mai un evento felice e spesso è stigmatizzante. Ha poi sottolineato la mancanza di autostima, l’imbarazzo o addirittura la rabbia che provano le persone coinvolte. “La povertà non è un crimine”, ha affermato la consigliera federale.

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