Maternità surrogata, in Svizzera è vietata e poche coppie vanno all’estero

La Costituzione federale proibisce questa pratica ma i numeri del fenomeno sono comunque esigui. Nel 2019 solo tre casi hanno riguardato coppie omosessuali recatesi oltreconfine.
In Italia la maggioranza di centro-destra al Governo ha fatto della lotta alla maternità surrogata uno dei suoi cavalli di battaglia. La Camera dei deputati ha approvato mercoledì la proposta di legge che rende l’utero in affitto, già vietato dall’ordinamento giuridico, un reato universale, autorizzando così il perseguimento penale delle coppie che a tale scopo si recano all’estero. A meno di clamorose sorprese il testo sarà adottato anche da Palazzo Madama.
Questa pratica è vietata anche in Svizzera, dall’ormai lontano 1° gennaio 2001, per espressa previsione della Costituzione federale (art. 119 cpv. 2 lett. d). Alcune coppie si recano all’estero per eludere gli ostacoli giuridici interni ma le cifre esatte consentono di valutare la portata reale del fenomeno.
Nel 2019 sono state almeno 28 le persone (o coppie) che si sono recate all’estero per ricorrere a una gestante sostitutiva, secondo quanto emerge da uno studio sulla mobilità per scopi riproduttivi, condotto all’Università di Berna su mandato dell’Ufficio federale della sanità pubblica. “Delle 28 persone o coppie, il 57% è andato negli Stati Uniti e il 25% in Ucraina”, ha osservato Veronika Siegl, antropologa sociale all’ateneo bernese, secondo la quale però i numeri sono sicuramente sottostimati.
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“Di queste 28 persone o coppie, il 57% è andato negli Stati Uniti e il 25% in Ucraina – ha aggiunto la ricercatrice -. Essendo la Svizzera un Paese in generale piuttosto benestante, più aspiranti madri possono permettersi di andare negli Stati Uniti i cui programmi di maternità surrogata sono più cari rispetto a quelli ucraini: circa 100’000 dollari a fronte di 35’000-40’000 euro. Credo che in altri Paesi, come Germania o Spagna, ci siano molte più coppie che vanno in Ucraina e meno negli Stati Uniti”, ha spiegato Veronika Siegl.
Naturalmente la situazione dal profilo delle norme vigenti varia da Paese a Paese: se in alcuni Stati degli USA la gestazione per altri è legale per le coppie eterosessuali, omosessuali e per le persone sole, in Ucraina lo è unicamente per le persone sposate ed eterosessuali.
A questo proposito l’antropologa sociale che delle 28 recatesi nel 2019 all’estero, 20 erano coppie eterosessuali e solo 3 erano coppie omosessuali: “Le coppie omosessuali non sono che una minoranza di coloro che fanno capo a una maternità surrogata. Quella a cui spesso si assiste su questo argomento è una distorsione mediatica”.
La questione era stata dibattuta nella Confederazione anche recentemente. Due anni fa, nel quadro della votazione sull’apertura del matrimonio alle coppie omosessuali, c’è stato chi ha espresso il convincimento secondo cui la legalizzazione della donazione di ovociti ma anche della maternità surrogata frenerebbe la mobilità verso l’estero.
Un’opinione non condivisa dalla ricercatrice che evoca il caso dell’Austria, dove la donazione di ovociti è stata legalizzata ma le donne disposte a vendere i propri gameti sono poche e le coppie continuano ad andare all’estero. Per la maternità surrogata, insiste Veronika Siegl, la dinamica sarebbe analoga. Ma vi è anche un secondo fattore che alimenta questa mobilità.
La pratica dell’utero in affitto è legata spesso a disparità economiche, quasi tutte le madri surrogate si mettono a disposizione per motivi finanziari. In Svizzera, conclude la ricercatrice, “non ci sarà dunque mai un’offerta sufficiente, perché il livello di vita è troppo alto”.

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