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Licenziati perché no vax, nessuna violazione secondo il Tribunale federale

cinque caschi militari in fila appoggiati sull erba
Per il TF il rifiuto dei soldati costituiva un intralcio al loro operato. © Keystone / Christian Beutler

I contratti di lavoro di quattro soldati delle forze speciali elvetiche sono stati sospesi nel 2021 perché questi si rifiutavano di farsi vaccinare e ora i giudici federali hanno deciso che si è trattato di un licenziamento giustificato.

Il licenziamento di quattro soldati delle forze speciali che si erano rifiutati di farsi vaccinare contro il Covid-19 è giustificato: lo ha deciso il Tribunale federale (TF), secondo il quale, l’inoculazione era una misura preventiva per preservare la disponibilità di questi militari.

Il TF ha stabilito che, anche se l’obbligo di vaccinarsi sotto minaccia di licenziamento costituisce una violazione della libertà personale, nel caso dei quattro militi no vax si giustifica.

Per i soldati di professione di un’unità speciale, tale ingerenza è da considerarsi leggera, hanno deciso i giudici. Chi riveste questo ruolo ha infatti un rapporto giuridico speciale con lo Stato e servire nelle forze armate comporta anche un dovere di obbedienza.

Stando alla quarta Corte di diritto pubblico, con sede a Lucerna, l’ordinanza sul personale per gli impieghi di truppe destinate a proteggere persone e oggetti all’estero costituisce una base legale sufficiente. Anche se la vaccinazione non viene menzionata esplicitamente, il testo contempla un obbligo di prevenzione e trattamento.

Per il TF, una misura meno invasiva, come per esempio i tamponi effettuati regolarmente, non avrebbe offerto una garanzia sufficiente di disponibilità operativa immediata, a causa dei requisiti d’ingresso più severi di certi Paesi. Per questo motivo, quindi, l’obbligo di vaccinazione è proporzionato.

I quattro militari, malgrado gli ammonimenti, non hanno cambiato idea, continuando a respingere il vaccino contro il Covid-19 e per questo motivo il loro contratto è stato sciolto nell’autunno 2021. I loro ricorsi sono già stati respinti in prima battuta anche dal Tribunale amministrativo federale (TAF).

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