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Un fenomeno su scala nazionale

Fonte di precarizzazione per gli uni, risposta a un bisogno per gli altri, il lavoro interinale divide. 

“La progressione costante del lavoro interinale ci preoccupa molto, dichiara Véronique Polito della direzione del sindacato Unia. In particolare nel settore della salute e presso gli over 50. Sempre più, i lavoratori vengono licenziati per poi essere riassunti dalla stessa ditta attraverso un’agenzia di collocamento temporaneo, a delle condizioni peggiori.” Questa forma di lavoro interinale prende sempre più piede ovunque in Svizzera, aggiunge la sindacalista, ma soprattutto nei cantoni di frontiera come Ginevra e Ticino. Tanto per fare un esempio, sul cantiere ginevrino della CEVA (la linea ferroviaria che collega Ginevra alla cittadina francese di Annemasse, ndr), fino al 50% dei lavoratori era interinale. La tendenza è ancora più preoccupante in quanto tutto il paese ne è stato contagiato. “Si segnalano ormai anche a Zurigo, Basilea, Losanna e San Gallo delle pratiche abusive che si conoscevano solo in Ticino, in particolare nel settore dei subappalti”, precisa Véronique Polito per la quale le misure attuali di protezione contro gli abusi sono insufficienti. I sindacati lottano per una migliore regolamentazione. Un contratto collettivo di lavoro (CCL), dichiarato di obbligatorietà generale, copre i lavoratori interinali dal 2012, “lo stretto minimo indispensabile”, precisa la rappresentante di Unia.

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Per i sindacati il lavoro interinale è un mezzo per aggirare le leggi che proteggono il mercato del lavoro in Svizzera

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A chi giova il lavoro interinale?

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Forte aumento

A Ginevra il numero di agenzie specializzate nel collocamento è passato da 10 a 113 tra il 2000 e il 2016, stando alle cifre fornite dalla Segreteria di stato dell’economia (Seco). Il numero di lavoratori coinvolti è passato da 20’581 a 34’812 e la percentuale di stranieri dal 40 all’80%. Inoltre i “frontalieri” provengono sempre da più lontano e affrontano viaggi sempre più lunghi per andare a lavorare a Friburgo, Berna, Zurigo…

Gli ambienti economici sostengono il lavoro interinale. “In un contesto di mondializzazione, digitalizzazione e di robotizzazione, dove la produzione diventa sempre più veloce e flessibile, il lavoro interinale risponde a un bisogno dei datori di lavoro ma anche dei salariati, afferma Marco Taddei, responsabile romando dell’Unione svizzera degli imprenditori. L’idea seduce i giovani che aspirano a una maggior libertà ma anche i disoccupati più anziani che così facendo possono integrarsi più facilmente nel mercato del lavoro. Molti pregiudizi negativi – aggiunge – sono associati a questa forma di lavoro, ma non è il Far West”. Marco Taddei non crede che ci siano più infrazioni in questo settore rispetto ad altri. Se del caso, i partner sociali reagiscono… “Il settore ginevrino dell’edilizia, per esempio, dove il 15-20% dei lavoratori è temporaneo, si ispira al modello ticinese per limitare la loro presenza con un regolamento cantonale. Il lavoro interinale aumenta, certo, ma non sarà mai preponderante. D’altra parte né il settore né i datori di lavoro se lo augurano”.


Traduzione di Riccardo Franciolli

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