La Svizzera respinge il piano dell’UE per una tassa sul carbonio alle frontiere
Il governo ha dichiarato di essere preoccupato per i rischi normativi e commerciali che una tassa sul carbonio al confine presenterebbe.
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La Svizzera non dovrebbe, per il momento, introdurre alcuna tassa alle importazioni sui prodotti che hanno un'importante impronta carbone in settori come il ferro e l'acciaio, l'alluminio, il cemento, i fertilizzanti, l'idrogeno e l'elettricità.
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Keystone-SDA/jdp/mrj
È quanto ha raccomandato venerdì il Consiglio federale in un rapporto in cui tuttavia afferma di voler adeguare il sistema dello scambio di quote di emissioni di CO2 con l’Unione europea (UE) al fine di incentivare la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del settore industriale.
Oltre a voler incrementare il suo sistema di scambio di quote di emissioni (SSQE), si legge in una nota governativa odierna, Bruxelles introdurrà a breve un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism, CBAM) volto a ridurre il rischio di rilocalizzazione della produzione in Stati terzi in cui vigono prescrizioni ambientali più permissive.
Questo meccanismo è il primo nel suo genere a livello mondiale. Dopo una prima fase di test, che comincerà nell’ottobre di quest’anno, a partire dal 2026 verranno tassate gradualmente le importazioni per compensare le differenti imposizioni del diossido di carbonio tra l’UE e l’estero. L’attuazione completa scatterà dal 2034.
Attualmente, precisa il comunicato, nel quadro delle SSQE collegate, UE e Svizzera distribuiscono diritti di emissione gratuiti agli impianti industriali che consumano molta energia. Tuttavia, l’introduzione del CBAM comporta un cambiamento di sistema che, per il Consiglio federale, avvantaggerebbe soltanto pochi impianti industriali ad alto consumo energetico, penalizzando il resto dell’economia elvetica. L’Esecutivo fa inoltre notare che questo nuovo meccanismo è criticato in seno all’Organizzazione mondiale del commercio perché giudicato discriminatorio.
Per il Consiglio federale – che ha analizzato gli effetti che un CBAM avrebbe per la Svizzera sotto il profilo dell’economia nazionale, dell’ecologia e dell’economia esterna – in considerazione dei rischi legati alla regolamentazione e alla politica commerciale si dovrebbe rinunciare, per il momento, a introdurre il CBAM parallelamente all’UE: a medio termine si tratta di permettere alla Svizzera un certo grado di libertà, fino alla messa a punto di questo meccanismo e alla definizione del suo campo d’applicazione. Entro metà 2026 sarà possibile valutare nuovamente la situazione, anche alla luce del bilancio intermedio pianificato dall’UE.
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