Occupazioni, sgombri e demolizioni: il percorso accidentato del centro sociale e culturale alternativo di Lugano, dalle Teche della Radiotelevisione svizzera RSI.
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tvsvizzera/spal
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Nella Svizzera italiana è tornata di prorompente attualità la tematica dell’autogestione. La galassia giovanile, contaminata da elementi che vanno dall’autonomia, ecologisti e anarchici e in perenne conflitto con le autorità comunali, è alla continua ricerca di una sede definitiva.
Il traumatico epilogo – è la cronaca di queste settimane – della notte dello scorso 30 maggio, quando le ruspe hanno sgomberato e demolito l’edificio in cui gli autogestiti svolgevano le loro attività ricreative da parte della polizia. Della vicenda si occuperà ora la anche la magistratura, in attesa che venga trovata una soluzione definitiva, possibilmente concordata.
Una storia ultraventennale, nata il 12 ottobre 1996 quando dopo una manifestazione vennero occupati gli ex Molini Bernasconi a Viganello, evento che coincise con l’inizio dell’esperienza dell’autogestione in Ticino (da qui l’epiteto “molinari”)
Il centro culturale alternativo si è successivamente trasferito al Maglio a Canobbio, in seguito all’incendio scoppiato al Molino nel 1997, e infine all’ex macello di Lugano. Il confronto con le autorità comunali ha conosciuto fasi alterne, tra scontri, riconoscimenti provvisori e sgomberi.
L’ultima sede all’ex Macello era stata provvisoriamente concessa dalle stesse autorità comunali ma l’intero comparto è al centro di un vasto progetto edilizio che dovrebbe essere messo in cantiere nei prossimi due anni.
Ispirato alle esperienze d’oltre Gottardo, come la Rote Fabrik di Zurigo, nata negli anni ’80, il più importante modello associativo autogestito della Svizzera italiana vuole proseguire il suo percorso ultraventennale. Possibilmente d’intesa con le autorità politiche locali.
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