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“La situazione in Svizzera resta tesa”

Virginie Masserey.
Virginie Masserey. Keystone / Peter Schneider

I dati riguardanti la pandemia mostrano una certa stagnazione ad alto livello: la situazione rimane sempre tesa, specie negli ospedali. Lo ha affermato oggi Virginie Masserey dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), durante il consueto incontro settimanale con i media.

La Svizzera è maglia nera in Europa per quanto attiene al tasso di positività, davanti soltanto alla Gran Bretagna. C’è preoccupazione per l’autunno, anche perché la copertura vaccinate non è ottimale e va assolutamente accelerata.

La maggioranza delle persone ricoverate (90%, un dato già diffuso le scorse settimane, ndr), tra cui diversi casi di pazienti d’età compresa tra i 40 e i 50 anni, non è stata vaccinata: molti si trovano in cure intense e non hanno malattia pregresse, ha sostenuto la funzionaria, aggiungendo che nessuno può dirsi al sicuro da un ricovero, tra l’altro evitabile grazie al vaccino.

Per quanto attiene alle nuove infezioni, ha spiegato Masserey, si osserva una certa stagnazione a 2800 casi al giorno da due settimane in qua. Ciò vale anche per i ricoveri. Circa i decessi, quest’ultimi sono invece in leggera progressione da tre settimane.

Un terzo dei letti in cure urgenti è occupato da pazienti Covid, ha sottolineato Masserey. Si tratta di un fattore che preoccupa gli ospedali, ha aggiunto.

Per quanto riguarda le nuove infezioni, si nota un incremento marcato tra i giovani e i bambini, come ci si poteva attendere dopo il rientro a scuola, e una diminuzione tra le altre fasce d’età. Per Masserey è importante che le scuole continuino a eseguire dei test per evitare l’apparizione di nuovi focolai e le conseguenti quarantene. Non solo i bambini possono perdere giorni di scuola, ma anche contagiare altre persone. Non si possono nemmeno escludere problemi a livello di salute, con conseguenze anche a lungo termine.

In merito alle vaccinazioni, il modo migliore per evitare per proteggersi dal virus, specie da un ricovero in ospedale, gli adulti completamente vaccinati sono il 52%, mentre il 67% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (dai 12 anni). Rallegrante, secondo Masserey, è l’incremento delle immunizzazioni tra i giovani, ma la tendenza è ancora troppo debole, ciò che ci fa guardare all’autunno con una certa preoccupazione.

Circa le persone giunte in contatto col virus, secondo Masserey, in genere dopo sei mesi la protezione diminuisce e una vaccinazione può essere consigliata, soprattutto per evitare eventuali nuove infezioni con la variante Delta e magari un ricovero all’ospedale.

In merito alla possibilità di una terza dose di richiamo, Masserey ha sostenuto che i dati a disposizione non sono ancora conclusivi. Tuttavia, il tema viene seguito da vicino e non si può escludere in futuro un richiamo per le persone particolarmente a rischio.

Vaccinazioni, siamo in ritardo

Nel suo intervento, la presidente della Task Force Covid-19 del Consiglio federale, Tanja Stadler, ha sottolineato che la Svizzera ha uno dei tassi di vaccinazione più bassi d’Europa. Il ritmo della vaccinazione deve essere accelerato, ha aggiunto la specialista, docente al Politecnico federale di Zurigo.

Se la Svizzera continua a vaccinare la sua popolazione al ritmo attuale, non raggiungerà il tasso di vaccinazione di Francia, Italia o Gran Bretagna fino a Natale, ha sottolineato.

Ecco perché il ritmo delle inoculazioni va decisamente accelerato, ha detto Stadler. Certo, l’uso della mascherina o il rispetto delle distanze possono aiutare a frenare l’epidemia, ma nessun misura è efficace come la vaccinazione.

Variante Mu

In merito alla variante Mu del virus, Tanja Stadler non si aspetta che essa sostituisca la variante Delta, al momento dominante in Svizzera, anche se nel frattempo 34 casi della variante Mu sono stati identificati nel Paese. Al momento, “la sfida è Delta”.

Tuttavia, anche questa nuova variante viene tenuta sotto osservazione per vedere come si svilupperà. Qualche giorno fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva classificato la variante Mu come “variante di interesse”. Questa variante è stata identificata per la prima volta in Colombia a gennaio.

Cure intense fortemente sollecitate

Anche sul fronte degli ospedali la situazione è tutt’altro che tranquilla. In Svizzera, ben l’84% dei letti di terapia intensiva sono occupati, di cui il 42% da pazienti Covid.

Alcune regioni sono più sovraccariche di altre, ha specificato Andreas Stettbacher, delegato del Consiglio federale per il servizio sanitario coordinato. La situazione è critica a Berna, Zurigo, Ginevra e Turgovia.

Negli ultimi cinque giorni, il numero di pazienti in terapia intensiva è salito del 2%. Degli 857 pazienti ricoverati a causa del virus, 291 sono in terapia intensiva. Ci sono ancora 130 letti certificati per la terapia intensiva in 55 ospedali e 39 letti non certificati in 14 ospedali.

Rimpatri, 8 pazienti gravi in attesa

Per quanto riguarda i cittadini svizzeri ammalatisi all’estero, secondo Andreas Stettbacher, delegato del Consiglio federale per il servizio medico coordinato, circa il 10% degli 80 pazienti in attesa di rimpatrio sono considerati urgenti. “Dovrebbero essere rimpatriati entro una settimana”, ha spiegato.

Gli altri pazienti potrebbero aspettare più a lungo, ha sottolineato Stettbacher. Ma i cantoni sono anche responsabili di fornire loro dei letti. Se non si trovassero posti in terapia intensiva, l’ufficio di coordinamento nazionale sosterrebbe i cantoni nella ricerca.
 

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