Più i giovani e le giovani in Svizzera si sentono ascoltati e presi sul serio, più sono disposti a partecipare alla vita politica: lo dimostra uno studio realizzato per la Commissione federale per l’infanzia e la gioventù presentato martedì mattina a Berna.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
La gioventù in Svizzera si impegna maggiormente in politica quando si sente ascoltata e presa sul serio. Con l’avanzare dell’età, l’impegno tendenzialmente aumenta e sembra maggiore nelle città rispetto alle campagne: sono questi a grandi linee i risultati emersi da uno studio commissionato dalla Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG), che ha coinvolto partecipanti fra i 12 e i 27 anni d’età. Ricercatrici e ricercatori sottolineano inoltre il fatto che a fare la differenza, spesso, è un impulso iniziale, come per esempio l’incoraggiamento di una persona di riferimento.
I temi che stanno più a cuore alle giovani generazioni sono quelli che ruotano attorno ai cambiamenti climatici, al razzismo e alla parità di genere: “Hanno un vero interesse per le sfide collettive”, ha detto in conferenza stampa Sami Kanaan, presidente della CFIG.
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Il presunto disinteresse per la politica è quindi falso, ma diversi ostacoli impediscono una maggiore partecipazione, secondo la ricerca effettuata dall’Alta scuola zurighese delle scienze applicate (ZHAW) in collaborazione con l’Alta scuola delle opere sociali del Vallese (HES-SO) e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Fra questi, il limite d’età di 18 anni, spesso citato come ostacolo da chi ha partecipato allo studio.
L’impegno politico dipende da diversi fattori come sesso e istruzione: le ragazze sono più coinvolte dei ragazzi e più? il grado di formazione è alto e più si partecipa alla vita politica. Dall’analisi è inoltre emerso che chi è in possesso del passaporto svizzero si implica maggiormente in politica rispetto alle persone straniere.
La partecipazione cosiddetta convenzionale, ovvero votazioni ed elezioni, è la più utilizzata da ragazze e ragazzi. Anche se la proporzione di votanti resta bassa, questo non impedisce di interessarsi agli argomenti e discuterne al lavoro, a scuola o in famiglia. La politica vissuta online e in particolare tramite social media si piazza invece al secondo posto: il dibattito online è fondamentale per le giovani generazioni, che si dicono però coscienti che ciò non è sufficiente a sostituire una discussione di persona. La principale sfida digitale è quella della polarizzazione, sottolinea Sami Kanaan.
Meno diffuse, ma comunque presenti, sono anche forme di azione come manifestazioni non autorizzate, disobbedienza civile o coinvolgimento in movimenti sociali.
Motivare e sensibilizzare anche in futuro
Resta del lavoro da fare, però, sottolinea Kanaan: bisogna motivare ragazze e ragazzi, ma anche sensibilizzare la società e gli adulti a prenderli sul serio e ascoltarli “senza paternalismi”.
La CFIG ha fatto sapere che a partire dai risultati di questa analisi formulerà una serie di raccomandazioni indirizzate alle autorità all’inizio del prossimo anno. La scuola ha un ruolo importante nell’educazione civica, ma non è sufficiente. C’è bisogno di creare, secondo la Commissione, nuovi spazi di apprendimento.
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