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La mafia 2.0 prolifera sulla piazza finanziaria svizzera 

prelievo di contanti da un distributore
Il riciclaggio passa anche dai distributori. © Keystone / Christian Beutler

Il riciclaggio di denaro ricorre sempre di più all'informatica, secondo quanto emerso dalla recente inchiesta Glicine-Acheronte.

Una recente inchiesta condotta in Italia, con presunti addentellati svizzeri, confermerebbe come la ‘ndrangheta si muova da tempo nel mondo della finanza clandestina, sia per compiere truffe, sia per riciclare fondi attraverso i canali bancari.  

Una mafia 2.0 che si dimostra capace di sfruttare le risorse offerte dalla tecnologia: questo è quanto emerso dall’operazione Glicine-Acheronte (come il torrente infernale descritto da Dante nella “Divina Commedia”). Un fiume di denaro che, dal 2019 al 2020, la ‘ndrangheta avrebbe fatto scorrere in banche di mezzo mondo. Dal Sudest Asiatico al Brasile, da Panama all’Italia, dalla Germania alla Svizzera.  

Al centro dell’inchiesta la cosca Megna di Papanice, frazione di Crotone. Gli indagati sono oltre un centinaio e le persone finite in carcere nelle scorse settimane sono 43. Tra queste si trovano anche due hacker: un 45enne italiano e un 57enne tedesco.  

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Quest’ultimo è stato definito “il fulcro informatico del sodalizio” poiché le sue conoscenze, unite alla compiacenza di bancari corrotti, sarebbero servite innanzitutto a riciclare (o a tentare di farlo) i proventi milionari del clan, guadagnati con il traffico di droga, che avrebbero poi reinvestito nell’economia legale. Il “lavaggio” sarebbe stato fatto tramite piattaforme di trading clandestine, non sottoposte ai controlli che vigilano abitualmente sulla compravendita dei prodotti finanziari.  

L’altro genere di attività – sostiene la procura di Catanzaro, che ha condotto le indagini – era costituito da svariate forme di truffa, quali per esempio sistemi di garanzie bancarie fasulle, allestite per indurre gli istituti a concedere importanti linee di credito.  

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Di quest’ultimo sistema ha parlato anche il pentito Gennaro Pulice, rifugiatosi nel canton Ticino tra il 2013 e il 2015, dove – a suo dire – avrebbe sfruttato i servizi della piazza finanziaria per malversare e “ripulire” capitali sporchi. Le fideiussioni fittizie usate dai clan mafiosi erano a disposizione pure di alcune società di calcio estere, tra cui il Como.  

Non è tutto: il riciclaggio si faceva anche tramite prelevamenti illeciti da conti inattivi oppure con carte di credito da apparecchi manipolati per leggerle.  

“La sicurezza al 100% non esiste”

Come è possibile? “La sicurezza al 100% non esiste per nessuno”, dice il responsabile del Servizio d’informatica forense della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) Alessandro Trivilini ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI. La criminalità informatica, spiega, “cerca di sfruttare il fattore umano”, ovvero tentando di spacciarsi, per esempio, per il cliente di una banca “oppure cercando la compiacenza nuda e cruda di qualcuno che all’interno della banca conosce l’architettura informatica, le linee guida, le procedure di sicurezza”, offrendo denaro a queste persone per “aprire quelle porte di sicurezza e chiudere gli occhi affinché qualche malware possa entrare e commettere il reato”.  

+ Criptomafia: la mafia 2_0

Quella contro il riciclaggio di denaro nel sistema finanziario elvetico (ma in generale quello mondiale), “è una battaglia che non terminerà mai”, dichiara dal canto suo Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione bancaria ticinese. Secondo Petruzzella, però, i casi di personale corrotto sono molto rari: “capitano molto più spesso casi di collaboratori che sbagliano, che non si accorgono o che non hanno fatto sufficienti verifiche. Bisogna dire che la malavita si è sofisticata parecchio in questo senso. Non c’è più il personaggio che si presenta in banca con la coppola e una valigetta di soldi da riciclare”. Tutto è diventato estremamente sofisticato, aggiunge. Il personale va formato e vanno sviluppati sistemi tecnologici sempre più sofisticati. “Oggi ci sono sistemi che usano l’intelligenza artificiale per trovare tra i milioni di transazioni che ogni giorno vengono registrate dalle banche operazioni sospette che vanno approfondite”. 

Sul dark web, intanto, continuano a proliferare annunci di pirati informatici che mettono i loro servizi specialistici a disposizione del miglior offerente.  

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