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Il divieto della simbologia nazi-fascista fa discutere anche in Svizzera

Simpatizzanti di destra fanno il saluto romano in via Acca Latentia a Roma.
Simpatizzanti di destra fanno il saluto romano in via Acca Latentia a Roma. Lapresse

In Svizzera l'uso di emblemi che evocano il nazismo e il fascismo è punibile solo in alcuni casi. Tuttavia, anche nella Confederazione c'è chi vuole regole più chiare e circoscritte, e il Parlamento si pronuncerà presto su una misura in tal senso. 

Negli anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Germania ha creato basi giuridiche solide per rimuovere e vietare simboli ed emblemi nazifascisti.

Lo stesso non vale però per gli altri Paesi dove leggi specifiche, se sono state statuite, lo sono state in maniera meno incisiva, meno chiara e la cui applicazione e/o prevalenza sul diritto di espressione, sovente, sono a discrezione del singolo giudice.

È il caso, ad esempio, per nazioni con un passato fascista come l’Italia. Anche in Svizzera la questione è più che mai all’ordine del giorno.

Qualcosa è cambiato con la pandemia

La stretta attualità è diventata infatti spesso la linfa che ha alimentato vecchie polemiche portando alcuni a fare azzardati paragoni. È accaduto durante la pandemia da Covid-19 o più di recente con le guerre in Ucraina e soprattutto nella Striscia di Gaza. 

Ce lo conferma la Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI)Collegamento esterno che chiede da tempo che l’uso dei simboli nazisti sia “finalmente vietato” anche in Svizzera. “L’urgenza è diventata particolarmente evidente durante la pandemia, quando le “stelle ebraiche” e le “svastiche” sono state utilizzate impropriamente per esaltare i propri messaggi politici”, afferma a TVS tvsvizzera.it il segretario generale della FSCI e membro della Commissione federale contro il razzismo Jonathan Kreutner che critica in particolare la facilità con cui è possibile aggirare le leggi attuali.

Secondo il rapportoCollegamento esterno sull’antisemitismo della Federazione svizzera delle comunità israelite e della Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo, nel 2022, rispetto all’anno precedente si è riscontrato un aumento degli episodi antisemiti, da 53 a 57. Per la prima volta dal 2018 all’Ufficio segnalazioni della FSCI è stato inoltre notificato un atto violento. Il numero delle ingiurie (16) è rimasto invariato rispetto al 2021. Ci sono stati solo minimi cambiamenti per quanto riguarda le dichiarazioni antisemite pubbliche (6, una in meno rispetto all’anno prima), i graffiti (9, +2) e i messaggi postali (26, +3). Si sono inoltre registrati una manifestazione antisemita (erano state 3 nel 2021) e un affisso antisemita (nel 2021 non ce ne erano state). 

Nell’ambito online si è di nuovo registrato un aumento degli episodi antisemiti di circa il 6% a 853 episodi (2021: 806). Si tratta di un aumento più contenuto rispetto al forte incremento osservato ancora nel 2021 (+66%). Complessivamente, nel 2022 si sono pertanto registrati 910 episodi tra quelli segnalati nel mondo reale e quelli osservati nell’ambito online (2021: 859).

Un fenomeno nuovo e notevole è lo sviluppo dei cosiddetti “trigger”, si legge nel rapporto, ossia fattori scatenanti diretti o indiretti di episodi antisemiti. Nel 2022 sono stati identificati due trigger di lunga durata: il “coronavirus” e la “guerra in Ucraina”). Di regola, gli episodi scatenati da questi trigger rientrano soprattutto nelle categorie dell'”antisemitismo in generale” e delle “teorie complottiste antisemite”. Così nel 2022 è cresciuta anche la percentuale delle teorie complottiste antisemite contemporanee online che è passata dal 51 al 57%.

“L’uso di simboli nazisti in pubblico è punibile solo se viene utilizzato per promuovere l’ideologia del nazionalsocialismo ad altre persone. L’uso tra persone che la pensano allo stesso modo, invece, non è un reato punibile, nemmeno negli spazi pubblici. Questo approccio lassista a tali simboli in Svizzera porta a banalizzare la sofferenza e l’orrore delle vittime della politica nazionalsocialista di esclusione, espulsione e sterminio”, aggiunge Kreutner.

Le discussioni politiche in atto

Ci troviamo quindi in un periodo storico in cui si rende particolarmente necessaria l’introduzione di divieti più espliciti? Lo abbiamo chiesta all’avvocata Céline Vara, consigliera agli Stati neocastellana che di fronte al plenum delle Camere e al Governo ha difeso il bisogno di regole più severe: “È una questione di percezione: avremmo potuto farlo anche prima? Sì. Sostenere l’odio non è accettabile oggi come ieri o domani. Ma è vero che siamo in un contesto di grande insicurezza, che ci ricorda che dobbiamo fare tutto il possibile per sostenere la pace”.

Il diritto penale svizzero non riconosce un reato che consiste nel discorso di odio. Tuttavia, a seconda della situazione concreta, potrebbero essere applicate diverse disposizioni del Codice penale. A seconda della tipologia del caso, tra le fattispecie penali rientrano in particolare: l’articolo 135 CPCollegamento esterno (rappresentazioni di atti di cruda violenza); gli articoli 173Collegamento esterno e seguenti CP (delitti contro l’onore); l’articolo 180Collegamento esterno CP (minaccia); l’articolo 181Collegamento esterno CP (coazione) e l’articolo 258Collegamento esterno e seguenti CP (dei crimini o dei delitti contro la tranquillità pubblica).

Vara non è la sola deputata a portare avanti questa tematica. Solo negli ultimi anni, sono stati vari gli atti parlamentari i cui contenuti vertevano sul divieto dei simboli d’odio. “C’è la volontà politica di condannare l’uso di simboli estremisti per sostenere l’odio o un’ideologia estrema che stigmatizza un gruppo specifico di persone e non riguarda solo i simboli nazisti. La commissione, e poi la plenaria, hanno deciso di non concentrarsi solo sugli atti antisemiti”.

Vara si riferisce qui alla mozioneCollegamento esterno depositata dalla Commissione degli Affari giuridici e sostenuta anche dal Consiglio federale in cui si incarica il Governo di creare le basi legali allo scopo di rendere punibile l’uso, l’esposizione e la diffusione pubblici di mezzi, segni e simboli di propaganda razziale, di violenza o estremista, come ad esempio i simboli nazionalsocialisti, quali gesti, slogan, forme di saluto, distintivi e bandiere, in particolare di un’associazione intesa a discreditare o calunniare sistematicamente persone per la loro razza, etnia o religione.

L’applicazione della legge

Il Governo si è imbattuto negli scorsi anni in molti atti parlamentari il cui perno erano la simbologia nazi-fascista e l’incitamento all’odio. Atti che non hanno però portato a modifiche della legge. Spesso perché si è ritenuto che circoscrivere gli emblemi antisemiti o che inneggiano all’odio non sarebbe stato semplice.

Nel corso dell’ultima discussione nel Consiglio degli Stati, il deputato socialista Daniel Jositsch, pur votando a sostegno della mozione, ha commentato: “Nemmeno i simboli nazisti sono chiaramente definiti. Se facciamo l’esempio del numero 18, per alcune persone simboleggia la prima e l’ottava lettera dell’alfabeto, cioè le lettere A e H. Ma non tutti quelli che indossano un numero 18 sulla maglia possono essere tacciabili di discriminazione. Se lo si fa invece in un raduno di destra, allora il numero 18 ha un significato. A questo riguardo l’applicazione della legge è difficile”.

Cambiamento di paradigma in Governo

Solo pochi giorni prima dell’adozione della mozione summenzionata (che deve tuttavia ancora essere trattata al Consiglio nazionale), ossia nell’autunno del 2023, il Consiglio federale pubblicava un rapportoCollegamento esterno in cui si sosteneva non ci fosse bisogno di inasprimenti di legge.

“Vorrei sottolineare – ha asserito la ministra Elisabeth Baume-Schneider durante il dibattitoCollegamento esterno sulla mozione – che il rapporto del Consiglio federale si è basato sul fatto che la richiesta era di creare una base giuridica separata, che vietasse e sanzionasse l’uso di tutti gli elementi nello spazio pubblico. (…) È vero che il Consiglio federale, quando ha proposto inizialmente di respingere la mozione, si è concentrato più sulla prevenzione che sulla repressione. Oggi però la situazione è cambiata. Sappiamo quanto sia essenziale la prevenzione, ma sappiamo anche che la repressione è utile”.

Dopo l’esplosione del conflitto israelo-palestinese

Non c’è però stata solo la pandemia a cambiare la percezione delle cose. Ancora il segretario generale delle comunità israelite Kreutner: “L’attacco terroristico di Hamas a Israele ha rappresentato un altro punto di svolta. Dopo i fatti di inizio ottobre, con l’esponenziale esplosione del conflitto tra Israele e Palestina, l’antisemitismo ha conosciuto una vera e propria ondata in questo Paese. Non è raro che i simboli nazisti siano tornati ad essere mostrati e utilizzati per sminuire gli ebrei. Tutti devono rendersi conto che non si tratta di una questione banale”.

Una svestica accostata alla Stella di David con in mezzo il simbolo matematico dell uguale.
I fatti di attualità contribuiscono ad alimentare il linguaggio dell’odio. Keystone / Lefteris Pitarakis

Luoghi allegoria del fascismo italiano

A proposito dell’ostentazione dei simboli, tornando all’esempio dell’Italia, alcuni luoghi sono ormai diventati dei veri e propri emblemi del nazional-socialismo. Predappio, Salò o ancora via Acca Larentia: sono tutti posti accomunati dal fatto di essere meta di raduni di appassionati o nostalgici della Storia fascista. Raduni organizzati annualmente ma ai quali, di tanto in tanto, viene data maggiore risonanza mediatica rispetto agli anni precedenti.

La legge di riferimento sul tema è la legge 645Collegamento esterno del 1952, la cosiddetta legge Scelba, dal nome del politico italiano – Mario Scelba, ex presidente del Consiglio dei ministri – che l’ha proposta. La stessa vieta di “perseguire finalità antidemocratiche proprie del partito fascista”. Oltre alla legge Scelba, c’è poi la normativa contro l’apologia del fascismo, e contro l’esposizione di simboli fascisti, introdotta nel 1993 dalla legge MancinoCollegamento esterno. Entrambe devono tuttavia essere bilanciate con il principio della libertà di espressione, sancito dall’art 21Collegamento esterno della Costituzione. A decidere quale norma prevalga nel singolo caso è il giudice.

È stato questo il caso delle commemorazioni che si sono tenute negli scorsi mesi, l’ultima, quella in via Acca LarentiaCollegamento esterno, a Roma, il 7 gennaio del 2024, dove centinaia di simpatizzanti di estrema destra si sono riuniti e, eseguendo il saluto romano, hanno gridato: “Presente”.

Il peso dell’attuale Governo di Roma

Il motivo di questo clamore ha a che fare con il fatto che al Governo siede la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Fazione di cui fanno parte politici che hanno deciso di non definirsi antifascisti. Talvolta, anzi, hanno condiviso con l’opinione pubblica la propria stima verso la figura di Benito Mussolini. Detrattori ed estimatori del Governo hanno esaltato l’affinità tra chi frequenta questi eventi e il partito in carica. I primi, utilizzando tali raduni come dimostrazione di una nuova propagazione di simpatie nazionalsocialiste. I secondi asserendo che sono sempre stati organizzati ma ora vengono strumentalizzati contro il Consiglio dei ministri.

La decisione della Cassazione

Sul saluto romano di Acca Larentia, la Corte di cassazione ha decisoCollegamento esterno che è penalmente rilevante solo se è “idoneo a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Quindi, in parole povere, non è reato se praticato in contesti privati oppure commemorativi. Una conclusione che non si distanzia da quanto previsto nella Confederazione.

Riguardo invece all’enorme croce celtica disegnata sul piazzale in cui viene organizzata la commemorazione, la scorsa settimana, il consiglio del municipio VII del comune di Roma ha approvato una risoluzione per far rimuovere il simbolo che troneggia nel quartiere Tuscolano. La risoluzione è stata approvata con i voti della maggioranza di centrosinistra, e con quelli di Italia Viva e Movimento 5 Stelle, che sono all’opposizione. I partiti di destra e di centrodestra – Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – hanno abbandonato l’aula e non hanno votato.

I prossimi passi in Svizzera

Tornando invece alla mozione che chiede al Consiglio federale di creare le basi legali per punire l’uso, l’esposizione e la diffusione di simboli di odio, come abbiamo detto, ha ottenuto i voti del Consiglio degli Stati e la raccomandazione di accoglimento da parte del Consiglio federale. Verrà quindi trattata prossimamente dal Consiglio nazionale che ne deciderà le sorti.

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