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L’accordo sul gas con l’Egitto agita la maggioranza a Roma

Un gasdotto realizzato dalla multinazionale energetica italiana Eni.
Un gasdotto realizzato dalla multinazionale energetica italiana Eni. Keystone / Str

L'intesa dell'Eni con l'Egitto per la fornitura di tre miliardi di gas naturale liquefatto (Gnl) crea turbolenze nella maggioranza di governo, in particolare tra le forze politiche che si sono distinte nella denuncia delle responsabilità per l'omicidio di Giulio Regeni.  

Dubbi espressi soprattutto dal Pd che ha chiesto all’esecutivo di esprimere una linea “chiara” nei confronti del regime di Al Sisi, il quale continua ad essere latitante nella ricerca degli assassini del ricercatore italiano.

Dopo la presa di posizione critica dei dem, è intervenuta la capogruppo di LeU al Senato, Loredana De Petris, secondo cui “passare da un dittatore all’altro non è la via giusta per raggiungere l’indipendenza energetica”.

Nessun passo indietro sul caso Regeni

Per il sottosegretario agli Affari Esteri, Benedetto Della Vedova, invece, “non bisogna mettere in competizione le due cose altrimenti poi alla fine si rischia di non fare nulla sul gas e nulla su Regeni”. Un dibattito che però non sembra appassionare ai partiti di centrodestra che sostengono l’esecutivo.

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Da Palazzo Chigi si promette, non senza qualche equilibrismo, che non saranno fatti passi indietro nella ricerca della verità. Del resto, nessun rappresentante del governo era presente alla firma del contratto e l’Eni è attivo nel paese nordafricano da lungo tempo.

Intanto prosegue il periplo compiuto dal premier Draghi e dal ministro degli Esteri Di Maio in Africa nella ricerca di fonti alternative al gas russo.

Gas africano al posto di quello russo

Dopo Algeri il presidente del Consiglio è atteso la prossima settimana in Angola e Congo, e a inizio maggio in Mozambico. L’obiettivo di queste iniziative è quello di riempire entro l’inverno gli stoccaggi per far fronte ai mesi freddi e, nell’arco di 2 o 3 anni, di liberarsi della dipendenza dalla Russia.

Dalle intese in itinere con l’Algeria, il Congo, l’Angola e il Mozambico, Roma punta ad ottenere la metà dell’energia di Mosca entro il 2023 (un terzo dall’Algeria e il resto dagli altri paesi, africani, compresi Egitto e Qatar).

Ma per affrancare il Belpaese da Mosca sarà determinante anche la spinta sulle rinnovabili, su cui gravano ancora iter autorizzativi troppo spesso lunghi.

Novità dovrebbero arrivare dal decreto che dovrebbe uscire a breve e che mira a potenziare le fonti rinnovabili, in particolare la geotermia e probabilmente i rigassificatori progettati ma mai realizzati.

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