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Imposta minima globale, “sì” del Nazionale per la ripartizione 25-75

primo piano di uomo anziano pelato in giacca e cravatta che si sta levando gli occhiali
Secondo il consigliere federale Ueli Maurer (in foto) la Svizzera perde un vantaggio significativo nella concorrenza internazionale. Keystone / Marcel Bieri

Dopo lunghe discussioni e un ping pong fra le Camere, il Consiglio nazionale ha deciso martedì mattina di adeguarsi agli Stati e ripartire nella misura del 25% alla Confederazione e del 75% ai Cantoni i proventi dell'imposta che verrà applicata alle grandi multinazionali per rispettare i nuovi standard internazionali.

Il gettito supplementare generato dall’imposizione minima delle grandi multinazionali finirà nella misura del 75% ai Cantoni e del 25% alla Confederazione. Lo ha deciso martedì il Nazionale allineandosi così agli Stati, a cui ritorna il dossier per un’ultima divergenza.

La riforma è necessaria per adempiere agli impegni fiscali presi nei confronti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e del G20 in Svizzera. Si tratta concretamente di modificare la Costituzione federale per permettere il prelievo di un’imposta integrativa per tutti quei grandi gruppi di imprese che raggiungono un fatturato annuo globale di almeno 750 milioni di euro e il cui livello d’imposizione minima è inferiore al 15%.

La necessità di agire, per evitare alla Confederazione di privarsi di entrate fiscali che altrimenti finirebbero all’estero, non è contestata. Le maggiori entrate per le casse pubbliche potrebbero oscillare tra 1 e 2,5 miliardi di franchi a partire dal 2026-2027. Le discussioni in Parlamento si sono concentrate sulla ridistribuzione di questa somma.

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In prima lettura, giovedì scorso, il Consiglio nazionale aveva optato per una suddivisione in parti uguali tra Confederazione e Cantoni. Governo e Consiglio degli Stati propongono invece di lasciare ai Cantoni dove hanno sede le imprese interessate, il 75% delle entrate generate da questa nuova imposta. Berna riceverebbe il 25% restante.

Durante le discussioni, diverse voci hanno sottolineato la necessità di trovare un compromesso accettabile per poter vincere la votazione popolare (che dovrebbe tenersi il 18 giugno 2023). “Con la soluzione 50-50, Zugo riceverà 180 milioni in più. Come spiegare alla popolazione che questa somma non è sufficiente?”, si è chiesto il socialista di Argovia Cédric Wermuth.

La verde Franziska Ryser ha ricordato che l’imposta supplementare non verrà distribuita in egual misura a tutti i Cantoni. Basilea Città e Zugo otterranno infatti circa il 40% della quota. Per la sangallese, “se il popolo boccerà la riforma, la responsabilità ricadrà su chi in Parlamento non è disposto a fare compromessi”.

“La proposta 50-50 è già frutto di un compromesso, elaborato dalle associazioni economiche, dagli stessi Cantoni e dal Consiglio federale”, ha replicato il democentrista di Zurgo Thomas Aeschi. Con questa soluzione i Cantoni si sono detti disposti a cedere a Berna un quarto del gettito supplementare, contrariamente a quanto prevede la Costituzione, ha precisato.

Secondo il consigliere federale Ueli Maurer (UDC, destra conservatrice) con questa nuova imposta la Svizzera perde un vantaggio significativo nella concorrenza internazionale. I soldi vanno pertanto lasciati dove sono stati generati, in modo che questi Cantoni possano adottare misure per mantenere l’attrattiva della propria piazza economica. Il relatore commissionale Martin Landolt (Centro) ha poi ricordato che la somma in gioco è tutto sommato modesta: lo 0,5% del budget globale della Confederazione.

Al voto la soluzione 50-50 è stata approvata da 99 deputati, 87 hanno preferito la proposta 75-25, mentre in 6 si sono astenuti. Eliminata questa divergenza, il Nazionale ha invece deciso di mantenerne un’altra, sulla ripartizione all’interno dei Cantoni degli introiti supplementari. Pertanto, il dossier torna agli Stati. 

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