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Il Regno Unito e il mondo hanno salutato Elisabetta II

È stata la giornata dell'addio alla regina Elisabetta. Londra si è stretta attorno alla famiglia reale, milioni di spettatori in tutto il mondo hanno seguito una cerimonia.

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Si è congedata da Londra, dal suo Regno e dal mondo a passo lento: il passo di chi ha vissuto per 96 anni, ha regnato per 70 (come nessuno prima di lei sul trono britannico) e nelle parole di commiato della BBC – inevitabilmente celebrative, ma forse non ingiustificate nella percezione dei più – “entra nella storia dopo aver fatto la storia”. Se non altro, quella pagina di storia, lunga quasi un secolo, di cui Elisabetta II è stata a suo modo protagonista: e che oggi s’è chiusa per sempre.

Il saluto alla regina dei record ha consumato in una giornata sospesa fra nubi grigie e squarci di sole le ultime ore. Quelle definitive. Con la conclusione dell’omaggio popolare alla camera ardente di Westminster Hall reso senza pausa per 4 giorni e 4 notti da centinaia di migliaia di sudditi e curiosi; la solennità del funerale di Stato officiato nell’abbazia di Westminster davanti ai potenti della Terra; il trasferimento nel castello di Windsor per un estremo bagno di folla, una liturgia sepolcrale scandita nei dettagli dalle sue stesse volontà e in ultimo la tumulazione delle sue spoglie mortali nella cappella di famiglia di St. George: accanto all’amato consorte Filippo, al padre, alla madre, alla sorella Margaret.

L’epilogo di un destino regale che di fronte a una tomba si suggella e ad un tempo si dissolve. Chiudendo il cerchio di un protocollo cerimoniale in cui nulla è stato lasciato al caso. A partire dall’annuncio della morte di Sua Maestà, riecheggiato l’8 settembre scorso dal rifugio della residenza scozzese di Balmoral: momento d’inizio di un percorso d’addio protrattosi per una dozzina di giorni intessuti di liturgie, emozioni collettive, eventi rituali di passaggio di consegne della corona (e di qualche protesta).

Un periodo di lutto, ma anche una kermesse nazionale e globale. Seguita da una mobilitazione di popolo con pochi precedenti sotto l’occhio di un apparato di polizia mai visto sull’isola; da una copertura televisiva culminata nelle dirette-maratona di oggi a reti unificate; dalla trasmissione sugli schermi di ogni continente di un funerale a cui secondo alcune stime potrebbero aver assistito 4,1 miliardi di spettatori globali in giro per il mondo: roba da Guinness dei Primati, sulla carta.

Le esequie di Stato, sotto le volte di quell’abbazia dove Elisabetta andò sposa nel 1947, ancora da principessa, e fu poi incoronata nel 1953 un anno dopo esser succeduta a re Giorgio VI suo padre, sono state in effetti il momento più alto di questi 12 giorni. Officiate all’interno della chiesa in forma sobria quanto maestosa ed ecumenica dinanzi a una platea di centinaia di dignitari e leader stranieri a capo chino, a 2000 ospiti scelti, a celebrità e politici britannici di ogni colore. 

E a una marea umana per le strade. In un’atmosfera da grande evento, per quanto colorato dal nero di un lutto esibito non solo negli abiti degli invitati; ma anche in clima di commozione profonda lasciata trasparire a tratti fino agli occhi lucidi dal medesimo re Carlo III, primogenito ed erede 74enne alle prese con il peso d’una successione non priva d’incognite, come dagli altri reali: dalle lacrime del quartogenito della regina, Edoardo, ai volti turbati dei nipoti William e Harry; fino alla commozione della regina consorte Camilla o della neo principessa di Galles, Kate, consolata se non altro dall’impeccabile debutto cerimoniale dei principini George e Charlotte, per la prima volta dietro il feretro della bisnonna “Gan Gan”.

Commozione che del resto non ha impedito al cuore della Royal Family di seguire imperturbabile a piedi il passo cadenzato dei cortei della Marina come dell’immancabile Guardia Reale in giubbe rosse e colbacchi neri che hanno accompagnato le ultime processioni dei resti di Sua Maestà verso la dimora finale. Quella di saluto ai luoghi simboli di Londra prima; quella in direzione del castello di Windsor poi. Sullo sfondo dello sventolio di vessilli dell’Union Jack, di rintocchi di campane, squilli di trombe, rulli di tamburi, salve di cannone e note a ritmo di marcia, sotto gli sguardi di ali di gente a perdita d’occhio. In un’alternanza di momenti di silenzio assoluto, lanci di fiori, applausi di saluto.

Sino al vero atto conclusivo. L’addio alle insegne reali – la corona imperiale, lo scettro, il globo d’oro – tolte dalla sommità della bara e deposte sull’altare della cappella di St George: come a voler testimoniare che Elisabetta scende nella tomba senza orpelli, non più regina di fronte a quel Dio in cui ha creduto ma “sorella” di una “fede semplice e solida”, additata a fondamento anche della sua “dedizione al Paese, al Commonwealth, al mondo più vasto”. 

Un “servizio” su cui stasera cala la parola fine. Seppellito con i resti di una sovrana, con quello che fu il suo vessillo da comandante in capo e col bastone simbolo di potere spezzato in due dietro una doppia lastra di marmo. Le lapidi di Elisabetta e di Filippo: uniti in vita per 73 anni, vicini anche dopo.

Il Regno Unito è oggi più o meno unito? Se ne è parlato al TG:

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