Il Ticino ha sempre attinto all'Italia, ma quest'anno manca personale anche al di là del confine.
Keystone / Laurent Gillieron
Mancano lavoratori stagionali in Ticino, camerieri, baristi e cuochi in particolare. Una mancanza che si fa sentire anche in Italia, che non è più un bacino facile da cui attingere queste figure.
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La pandemia, tra i molti cambiamenti radicali che ha apportato alla società, ha fatto anche cambiare mestiere a molte persone che lavoravano nella ristorazione (che è stata tra le più colpite durante i vari lockdown). E ora la carenza di personale specializzato si fa sentire.
Pochi giorni fa il ministro italiano del Turismo Massimo Garavaglia ha lanciato l’allarme: mancano 250’000mila lavoratori tra alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari. Garavaglia ha puntato il dito contro il reddito di cittadinanza, che a suo dire distorcerebbe il mercato del lavoro, ma la spaccatura è più profonda e non riguarda soltanto gli stagionali. È l’intero settore a essere in crisi di personale.
In Ticino alcuni stabilimenti pensano di ridurre dei servizi, come per esempio al Lido Lugano, che ha aperto ieri, domenica, con un team che non è ancora completo, come spiega ai microfoni della RSI il responsabile Roberto Rusca: “Siamo ancora alla ricerca di personale per riuscire ad affrontare la stagione nel migliore dei modi”.
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A Locarno non si sta meglio: l’apertura del Lido, la cui ristorazione è garantita tutto l’anno dal ristorante Blu Restaurant & Lounge, è prevista per il prossimo sabato: “Noi abbiamo l’80% di lavoratori annuali e il 20% di stagionali, ma anche così stiamo facendo fatica” dice il responsabile dello stabilimento Luca Reggiori. “Credo che dopo il Covid-19 tante persone hanno cambiato professione e quindi l’offerta è inferiore alla domanda”.
Il settore ha sempre impiegato molti lavoratori italiani, che però scarseggiano, tanto che, prosegue Reggiori, “è il primo anno che colleghi mi chiamano dall’Italia per domandare personale. Non era mai successo”. E, secondo lui, il futuro non è roseo: complice la pandemia molte persone hanno cambiato abitudini e anche professione, “ci sarà sempre meno gente che farà questo lavoro”.
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