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Il futuro del clima richiede più sforzi del previsto, ma un accordo è stato trovato

Frammento del summit di Glasgow.
Frammento del summit di Glasgow. Keystone / Robert Perry

Alla COP26 di Glasgow è infine stato trovato un accordo, firmato dai 197 Paesi partecipanti. Sommaruga: "Manovra inaccettabile dell'ultimo minuto".

Un accordo è stato trovato alla COP26, la conferenza sul clima di Glasgow, ed è stato sottoscritto da tutti i 197 Paesi partecipanti. È un’intesa che non fa tutti felici, tanto che il presidente Alok Sharma si è scusato: “Capisco la delusione, ma dobbiamo proteggere l’insieme del pacchetto”, ha affermato.

Fra i delusi c’è la Svizzera: la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha denunciato la “manovra inaccettabile” dell’ultimo minuto, quella che ha portato all’adozione di un emendamento sostenuto in particolare dall’India e che prevede una “diminuzione dell’uso del carbone” come fonte energetica piuttosto che un “abbandono”.

La trattativa è andata avanti fino all’ultimo minuto alla conferenza sul clima di Glasgow, alle prese con il rifiuto dell’India di abbandonare rapidamente il carbone per la produzione energetica. La maggior parte dei paesi aveva dato l’ok alla versione finale del documento, anche se molti storcono il naso per il mancato impegno dei paesi ricchi ad aiutare quelli poveri nella crisi climatica. Ma l’India si è mette di traverso, sostenendo, così come la Cina che ci fossero “aggiustamenti” da fare.

In mattinata era uscita la terza bozza del documento finale in cui si è mantenuto l’obiettivo prioritario di tenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi dai livelli pre-industriali: un grosso passo avanti rispetto all’Accordo di Parigi, che puntava di più sul restare sotto 2 gradi. I tagli alle emissioni rimangono il 45% al 2030 rispetto al 2010, e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. La bozza prevede anche una revisione entro la fine del 2022 degli impegni di decarbonizzazione dei singoli stati. E poi invita i paesi ad accelerare sulle fonti rinnovabili, a chiudere al più presto le centrali a carbone e ad eliminare i sussidi alle fonti fossili.

La presidenza britannica della COP in mattinata ha pubblicato anche le bozze dei documenti sui tre temi più spinosi della conferenza: il mercato globale del carbonio previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, il reporting format su come gli stati devono riferire i loro progressi sulla decarbonizzazione, il Paris Rulebook con le norme per applicare l’Accordo di Parigi.

Il negoziato fra i paesi è tuttavia andato avanti per tutta giornata. E durante i loro interventi nella riunione plenaria informale, nel pomeriggio, iniziata dopo diversi slittamenti, l’inviato Usa per il clima John Kerry e il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans hanno difeso con calore il testo di documento presentato dalla presidenza britannica. Per loro, è il miglior compromesso possibile. Non votarlo avrebbe voluto dire perdere un’occasione storica per vincere la battaglia sul clima. 

I paesi meno sviluppati hanno tuttavia denunciato che nel testo non ci sono impegni per il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno previsto dall’Accordo di Parigi per aiutare a decarbonizzare. E non si prevede neppure un fondo, richiesto a gran voce dagli stati in via di sviluppo, per ristorare i danni e le perdite dovute al cambiamento climatico. 

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