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Il fronte di Bakhmut, tra unità decimate e assalti alle trincee

Il comandante ucraino Amuleto
Il comandante ucraino "Amuleto" RSI-SWI

Il racconto dei soldati e dei civili impegnati nella controffensiva: "Ci si abitua a tutto. La situazione è tesa ma ce la faremo". Il reportage della RSI

Il suo compito è far sì che i carri armati T72 siano sempre pronti e dare agli uomini del plotone le informazioni necessarie per la missione. Il suo nome di battaglia è “Lucky man”, lo stesso nickname che prima dell’invasione dell’Ucraina usava per i videogiochi di guerra.

È un sergente della 22esima brigata motorizzata, e da due mesi dorme in una postazione scavata sottoterra, nei boschi a qualche chilometro da Bakhmut. “Al momento la situazione è ancora tranquilla, prima era più calda, ma ci si abitua a tutto. – ci spiega – Ti abitui a cose che volano sopra alla tua testa e esplodono qui vicino”.

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I blindati sono nascosti dagli alberi, pronti a partire in qualunque momento. Il comandante della compagnia, nome di battaglia “Amuleto”, spiega che il loro compito è colpire i carri armati delle forze russe, che a loro volta cercano di distruggere le postazioni dell’artiglieria ucraina.

Da oltre due mesi i soldati di Kiev stanno lentamente avanzando sulla città della regione di Donetsk conquistata dai mercenari del gruppo Wagner a maggio, e controllata dalle forze russe. “La situazione è tesa, ma ce la faremo”, sostiene il comandante. L’obiettivo è sostenere le truppe che cercano di conquistare qualche centinaio di metri ogni giorno, ma gli stessi ufficiali dell’esercito ammettono che è difficile attaccare senza un netto vantaggio di uomini e mezzi.

Unità di fanteria decimate

Tra i militari che dalla prima linea si spostano a Kramatorsk per qualche raro giorno di congedo, c’è chi racconta di unità di fanteria decimate, di numerosissime vittime solo nel tentativo di assaltare una trincea nemica.  E la situazione resta molto difficile anche nei villaggi a qualche chilometro dal fronte, colpiti costantemente dall’artiglieria.

A Kalynivka, dove prima della guerra viveno 300 persone, adesso gli abitanti sono solo 16. Diverse case sono state distrutte e quasi tutti sono fuggiti. Tra chi vive ancora qui c’è una famiglia arrivata negli anni ’90 dal Tagikistan. Nonni, parenti genitori e figli dormono nei letti in uno scantinato, il loro unico rifugio da marzo a giugno. Ora, con l’avanzata dell’esercito ucraino, trascorrono la giornata in cortile, uscendo solo per fare scorta di legna in vista dell’inverno. I colpi dell’artiglieria sono costantemente forti e vicini.

L’acqua un bene raro

“Non vogliono andare via”, dice Bogdan Zuyakov, giovane volontario di Kramatorsk, che diverse volte la settimana porta loro aiuti e si occupa anche dello sfollamento dei civili: “C’è un grande bisogno d’acqua, perché nel villaggio non c’è neppure un pozzo”. L’acqua piovana viene raccolta in diversi barili e poi disinfettata, per il materiale gli abitanti rimasti si affidano a Bogdan, e ai volontari che lungo tutta la linea del fronte rischiano la vita, pur di portare aiuto anche a chi proprio non vuole essere trasferito in un luogo più sicuro.

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