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I volti dei e delle senzatetto in mostra a Milano

senzatetto in piedi avvolto da una coperta. il suo volto non si vede. los angeles
Jeffries dà un volto agli emarginati anonimi della società. Foto illustrativa. Keystone / Hans Gutknecht

Si tiene in questi giorni a Milano una mostra dove sono esposte 50 scatti del fotografo inglese Lee Jeffries.

Il fotografo inglese Lee Jeffries, autodidatta, da sempre ritrae gli emarginati e i poveri che vivono per strada. I suoi scatti divenuti ormai iconici, dallo stile drammatico e crudo, sono ora esposti al Museo diocesano di Milano. 

La sua vita è cambiata nel 2008, nel giorno in cui scattò una fotografia di una giovane ragazza seduta per terra. Rimproverato per averlo fatto senza autorizzazione, si fermò a parlare con lei, a interrogarla sul suo passato e sul perché di quella vita in strada. Da allora Jeffries ha documentato fotograficamente le vite di centinaia di persone senza dimora, passando dai viali di Los Angeles a quelli di Londra, dalle strade di Parigi ai vicoli di Roma o Milano.

E proprio nel capoluogo lombardo si sta tenendo una mostra al Museo diocesano, dove sono esposte 50 sue immagini. Si tratta di ritratti ravvicinati di uomini, donne e bambini che vivono ai margini della società.

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“Non è un’impresa facile”, ha spiegato l’artista ai microfoni della Radiotelevisone della Svizzera italiana. Il suo criterio di scelta, racconta, è l’emozione: si aggira spesso in luoghi frequentati dai e dalle senzatetto e quando sui loro volti vede un’espressione che lo intriga, si ferma a discutere con loro e, se lo accettano, li fotografa.

“Queste persone non sono persone belle. Se le incontriamo per strada”, dice la curatrice della mostra Barbara Silbe, “a volte ci scostiamo e fingiamo di non vedere. Lui [il fotografo, ndr] invece ci trascorre del tempo, fino ad arrivare allo scatto finale, che è il momento della comunicazione, quando il fotografo e il soggetto abbassano le difese e si fidano l’uno dell’altro”.

“Penso che abbiamo sempre della diffidenza verso i senzatetto. Queste fotografie sfidano chi le guarda. Provocano e richiedono a chi le osserva di provare qualcosa”, spiega Jeffries. “A livello umano queste fotografie possono aiutare a capire chi vive per strada”.

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