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Cinque alpinisti italiani morti sulle Alpi

La regione del Pigne d Arolla dove 14 alpinisti sono stati bloccati da una tempesta.
Il gruppo di 14 alpinisti è rimasto bloccato nella regione del Pigne di Arolla. Keystone

Si fa ancora più tragico il bilancio dell'incidente di montagna avvenuto tra domenica e lunedì nella regione di Arolla, in Vallese: una sesta persona, una donna di nazionalità bulgara di 52 anni, è morta in ospedale alle 12 circa di oggi. Gli altri cinque deceduti sono tutti italiani, tra cui la guida alpina Mario Castiglioni, che aveva organizzato la spedizione assieme alla moglie.

Gli alpinisti facevano parte di un gruppo di 14 persone, divise in due comitive, rimaste bloccate da una violenta tempesta mentre erano impegnate nella traversata Chamonix-Zermatt. A causa dell’improvviso peggioramento delle condizioni meteo, non sono riuscite a raggiungere il rifugio Vignettes – a 3’157 metri di quota fra la Pigne d’Arolla e il Monte Collon – e sono state costrette a trascorrere la notte all’aperto, con temperature scese a meno 20 gradi. Stando a quanto riportato da RSI NewsCollegamento esterno, tra le vittime figura anche il contitolare della società che ha organizzato l’escursione, un 59enne italiano residente a Chiasso, in Ticino.

In ospedale per ipotermia, ma in condizioni non gravi, vi sono tre francesi (due uomini e una donna di 58, 57 e 55 anni), una tedesca di 48 anni e un italiano di 50 anni,Collegamento esterno già dimesso nel corso della mattinata di martedì.

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L’operazione di salvataggio era scattata lunedì mattina, dopo un allarme lanciato dal responsabile del rifugio Vignettes. Sono stati mobilitati sette elicotteri, oltre a diversi medici e guide.

I soccorritori hanno trovato 14 persone che avevano trascorso la notte all’aperto. Diversi soffrivano di ipotermia. Una – la guida – era già deceduta, probabilmente vittima di una caduta. Altre tre – tutte italiane – hanno perso la vita poco dopo il loro arrivo in ospedale. Il quinto, come detto, è poi deceduto nella notte. La moglie della guida, una cittadina bulgara, è morta oggi in giornata, portando a sei le vittime. Inoltre un 72enne ticinese è tuttora in condizioni disperate.

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Secondo i primi elementi dell’inchiesta, i 14 alpinisti – che facevano parte di due gruppi distinti – sono partiti assieme domenica dal rifugio Dix, a 2’928 metri di quota. Volevano raggiungere il rifugio Nacamuli, sul lato italiano, ma sono stati sorpresi dalla tempesa. A quel punto hanno ripiegato verso il rifugio Vignettes, a 3’157 metri, rimanendo però bloccati in una zona dove non c’era segnale radio. La guida italiana si è staccata dal gruppo per cercare la strada verso il rifugio, ma è caduta ed è morta. 

I 13 escursionisti hanno così trascorso la notte sul posto. Ironia della sorte, il rifugio si trovava a qualche centinaio di metri.

Altre due disgrazie in Vallese

Altre due disgrazie hanno funestato ieri il Vallese. Uno sciescursionista ha perso la vita nella regione del ghiacciaio dell’Allalin a causa di una valanga e altri due alpinisti sono deceduti sul versante vallesano del Mönch, quattromila delle Alpi bernesi situato tra i più noti Eiger e Jungfrau. In quest’ultimo caso, due giovani alpinisti svizzeri di 21 e 22 anni, un bernese e un basilese, stavano scendendo domenica dal Mönch lungo la cresta Nord verso l’Eigerjoch, quando sono stati sorpresi delle cattive condizioni meteorologiche. 

Spedizione organizzata a Chiasso

Come ormai noto, fra le vittime figura il contitolare della società, Mario Castiglioni, un comasco 59enne residente in Valle di Muggio in Ticino, che guidava il gruppo sulla Haute Route assieme alla moglie di origini bulgare.

Castiglioni era “super esperto” e “conosceva bene la Haute Route Chamonix-Zermatt, l’aveva fatta più volte”. “Mario era una persona di 59 anni con una forza e un’energia che neanche i ventenni hanno. Un personaggio unico”, ricorda l’aspirante guida alpina Marco Bigatti, da poco entrato alla MGL Mountain Guide.

“Non so quante guide – spiega Bugatti – abbiano all’attivo così tanti giri in tutto il mondo. Ha lavorato in tutte le discipline, soprattutto sullo sci, andando ovunque a fare scialpinismo. Bisognerà capire cosa è successo: per essersi fermato ci deve essere stato veramente qualcosa di particolare”. La moglie, di origini bulgare, “ogni tanto andava con lui, gli dava supporto logistico”.

“Era una gita da non fare”

 “Era una gita difficile non da fare in una giornata dove alle 10 sarebbe iniziato il brutto tempo, non era neanche da pensarci”. A dirlo è Tommaso Piccioli, l’architetto italiano sopravvissuto all’escursione da Chamonix a Zermatt in cui sono morti sei suoi compagni di escursione.

“Ogni tanto – ha detto al TG3 – mi veniva la voglia di lasciarmi andare, ma dopo pensavo a mia moglie”. Così ha resistito. Tutta la notte. Il suo è il racconto di un concatenarsi di errori.

“Ci siamo persi quattro o cinque volte – ha detto -. Ho portato avanti il gruppo io perché ero l’unico ad avere un gps funzionante fino a che siamo arrivati a un punto in cui non si poteva più procedere perché con quella visibilità non era possibile”. Una catena di errori, continuata anche quando è venuto il buio.

“E’ arrivata la notte. Ci siamo fermati in una sella e anche quello è stato un errore perché non ci si ferma nelle selle quando c’è il vento. Devi fermarti in un punto riparato e scavare un buco”. “Ho cercato di non addormentarmi e ci sono riuscito, tutto lì – ha minimizzato – perché in quelle situazioni se ti addormenti sei finito: l’ipotermia ti prende e ti uccide. Bisogna muoversi, muoversi, respirare e solo pensare di non morire”.

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