La corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso del gruppo bancario elvetico sanzionato in appello al pagamento di 1,8 miliardi di euro per aver aiutato contribuenti francesi a evadere il fisco.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
La Cassazione ha confermato le ipotesi di reato a carico di UBS, vale a dire fornitura illecita di servizi finanziari a domicilio (“démarchage”) e riciclaggio aggravato del provento di frode fiscale, ma a suo dire i giudici d’appello non hanno applicato correttamente le norme nella determinazione delle pene e degli indennizzi per lo Stato, sulla base di pretese di diritto civile. Il fascicolo torna dunque alla corte di secondo grado che dovrà ora tener conto dei rilievi della Cassazione.
L’inchiesta, partita nel 2013, ha messo in luce un’attività della grande banca elvetica che è andata alla ricerca tra il 2004 e il 2012, di clientela transalpina che è stata convinta ad aprire conti in Svizzera al preciso scopo di sottrarre beni immobili alle autorità fiscali. Le somme occultate sono state stimate dagli inquirenti in 9,6 miliardi di euro.
Nel febbraio 2019, l’istituto guidato dal ticinese Sergio Ermotti) si era visto infliggere una multa record di 3,7 miliardi di euro, a cui andava aggiunto un risarcimento di 800 milioni di euro, per un ammontare complessivo di 4,5 miliardi di euro.
In appello, nel dicembre 2021, la multa era però stata drasticamente ridotta a un miliardo, cui è stato aggiunto un indennizzo di 800 milioni allo Stato francese, per un totale di 1,8 miliardi di euro. Una sanzione assai inferiore ma che resta la più alta comminata dalle autorità francesi per questo tipo di fattispecie.
Nel nuovo procedimento che si aprirà ora, dopo l’intervento della Cassazione, la posizione della grande banca è destinata ad alleggerirsi. Da parte sua UBS, che negli scorsi anni ha proceduto ad accantonamenti – 450 milioni saliti poi a 1,1 miliardi – per far fronte a questa vicenda, ha sempre rigettato le accuse che le sono state mosse dalle procure francesi.
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