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Expo: i riflessi ticinesi del 'pasticcio'

Da rivedere: la scheda di Francesca Luvini e Dinorah Cervini trasmessa da Falò

Questo contenuto è stato pubblicato il 11 luglio 2014 - 15:32

Expo 2015 a Milano. Finora soprattutto ritardi, corruzione e confusione. La Lega in Ticino coglie la palla al balzo e lancia un referendum contro la partecipazione. Le firme raccolte sono tante e la prospettiva che il progetto venga bocciato (si vota il 28 settembre) sono concrete.

Il Consiglio di Stato corre ai ripari: riduce la spesa, chiede aiuto ai privati, cerca di finanziare l'operazione in altro modo; "abbiamo preso degli impegni" spiega il governo, "non possiamo fare una figuraccia con Berna". La polemica tocca il culmine, la Lega grida "al colpo di stato". Insomma un gran pasticcio.

Ma a che punto sta davvero il cantiere dell'Expo? Come funzionava il sistema delle mazzette? E il padiglione svizzero è al riparo da malavita e appalti illegali? E ancora, come saranno spesi i soldi promessi dal Ticino? A queste domande Falò ha cercato di rispondere con un'inchiesta condotta sul terreno, in Italia, fra i protagonisti della vicenda Expo [video correlato].

Il settimanale di approfondimento de La1 ha poi fatto il punto della situazione in Ticino. Il presidente del governo ticinese Manuele Bertoli e il coordinatore della Lega Attilio Bignasca ne hanno discusso in studio [trasmissione integrale quiLink esterno].

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