Esame del dna nelle indagini esteso a colore di pelle e occhi

Le tracce di dna rinvenute nel luogo in cui si è consumato un reato devono estendersi, oltre al sesso, anche al colore degli occhi, dei capelli e della pelle, all'età e alla "discendenza biogeografica" dei sospetti? Al quesito hanno risposto affermativamente, all'unanimità, i consiglieri agli Stati a Berna.
Questo tipo di analisi, su cui in maggio si espressa positivamente anche l’altra Camera, viene già autorizzato dai tribunali in alcune indagini ma non è regolato ancora da una norma.
In particolare, il progetto di legge prevede che gli accertamenti sul dna siano limitati ai casi gravi (reati con pene massime superiori ai tre anni come stupro e omicidio). Inoltre, i risultati potranno essere utilizzati solo nell’ambito di una specifica inchiesta, escludendo così banche dati sui profili genetici delle persone indagate o condannate dalla giustizia penale.
Gli oppositori, nel campo progressista, hanno denunciato il rischio che la “fenotipizzazione” comporti una grave violazione dei diritti fondamentali e, in concreto, finisca per stigmatizzare minoranze e gruppi etnici.
Per venire incontro ai senatori che hanno sollevato queste perplessità gli Stati hanno stabilito che il ricorso a simili analisi possa avvenire solo per un catalogo specifico di reati gravi contro la vita e l’integrità della persona e di qualche altro reato come ad esempio la rapina, ma non il furto o la ricettazione.
Inoltre, la ricerca di legami di parentela dovrebbe avvenire in maniera sussidiaria e solo se i provvedimenti d’inchiesta cui si è fatto ricorso fino a quel momento sono risultati infruttuosi oppure se, rinunciandovi, le indagini rischiano di risultare vane o l’onere risulterebbe sproporzionato. Il testo torna ora al Consiglio Nazionale per l’eliminazione delle ultime divergenze.

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