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Credit Suisse, “Ci vorrà tempo ma non fallirà”

Valutazioni difformi tra gli analisti e le analiste finanziarie
Valutazioni difformi tra gli analisti e le analiste finanziarie © Keystone / Ennio Leanza

I commenti degli analisti e delle analiste sul difficile momento attraversato dal secondo gruppo bancario elvetico sono piuttosto disparati ma tutti concordano sul fatto che occorrerà un certo tempo per vedere gli effetti dei cambiamenti di strategia annunciati giovedì.  Il personale chiede la restituzione dei bonus.

Questi aggiustamenti – “un primo passo nel lungo processo per restituire credibilità e riguadagnare fiducia”, ha commentato all’agenzia Keytone-ATS Andreas Venditti, analista della banca privata di Vontobel – sono “sostanzialmente in linea” con le voci riprese dai media, anche se forse gli operatori/trici finanziari si attendevano tagli più significativi nel comparto dell’investment banking.

Naturalmente il cambio di rotta annunciato dal Credit Suisse, ha aggiunto l’economista, necessiterà di un’”attuazione rigorosa” e non devono commettere “ulteriori passi falsi” dopo i molteplici scandali in cui la banca è stata coinvolta e che ne hanno minato la reputazione.

Valutazioni oscillanti

Da parte sua Flora Bocahut, del gruppo finanziario newyorkese Jefferies, sono numerosi gli annunci “da digerire”, considerato che l’aumento di capitale è più elevato del previsto e le perdite miliardarie nel terzo trimestre sono “preoccupanti”.

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Gli analisti e le analiste di KBW sottolinea che la ristrutturazione sarà tutt’altro che gratis, dal momento che impegnerà l’istituto sino al 2025 e costerà 2,9 miliardi di franchi mentre gli esperti/e di Goldman Sachs si dicono un po’ delusi degli obiettivi di rendimento fissati per il periodo dopo la riorganizzazione, anche se questo potrebbe essere motivato da una comprensibile cautela dei vertici.

La ricostruzione della banca cantonale di Zurigo è all’insegna di un certo ottimismo. I suoi analisti premiano i piani enunciati da Credit Suisse: il preannunciato aumento di capitale è già stato anticipato dal mercato e le aspettative degli operatori e delle operatrici finanziari/e dovrebbero essere soddisfatte dalla riduzione marcata del comparto banca d’investimento.

Finalmente si prende il toro per le corna

Per gli analisti e le analiste di Kepler la seconda banca elvetica sta finalmente prendendo il toro per le corna e affrontando attivamente i problemi del suo modello di affari. Tuttavia, avverte Kepler, la ristrutturazione ha un prezzo elevato, la crescita del capitale di 4 miliardi di franchi comporta un’espansione del volume di azioni del 35-40% e il piano comporta notevoli rischi nella sua implementazione, ad esempio per quanto riguarda CS First Boston, la nuova unità indipendente che riunirà le attività di Capital Markets e Advisory.

In generale si può affermare che il risultato negativo del terzo trimestre è passato un po’ in secondo piano nei commenti, probabilmente per il fatto che non ha destato sorpresa. A preoccupare è piuttosto la diminuzione degli utili su base annua in tutte le aree di attività, in alcuni casi in modo netto.

Alcuni esperti ed esperte vedono in questo fenomeno una conseguenza della riduzione dei rischi nell’attività, altri/e una prova della perdita di quote di mercato. È stata sottolineato anche il consistente deflusso dei fondi dei clienti, che nel terzo trimestre è stato di 12,9 miliardi di franchi, un’evoluzione che viene confermata anche nel corrente mese di ottobre.

Too big to fail

Resta il fatto che, come nel caso precedente di Ubs per la quale è intervenuto l’aiuto temporaneo del governo federale, il Credit Suisse è una banca troppo grande per fallire, per la rilevanza sistemica che avrebbe e per le regole rigide cui è sottoposta. “In teoria non fallirà – ha detto alla Radiotelevisione svizzera RSI Antonio Mele, professore di Finanza all’USI – . Se il Credit Suisse dovesse fallire, ipotesi al momento del tutto remota, le ripercussioni sul sistema finanziario globale sarebbero tali da mettere in ginocchio l’intero meccanismo dei pagamenti e della circolazione del credito. Non si vuole qualcosa del genere”.

Se il problema non è la liquidità, cosa preoccupa a livello svizzero? “L’economia reale. Se il piano industriale comporterà una riduzione di questo tipo di attività, mi aspetto una riduzione del credito erogato all’economia reale. È questo che mi preoccupa molto”.

Gli impiegati chiedono chiarezza

Inutile dire che il difficile momento del Credit Suisse viene vissuto con apprensione dal personale. In proposito l’Associazione svizzera degli impiegati di banca (Asib) pretende chiarezza riguardo all’impatto che la ristrutturazione avrà in Svizzera e chiede agli ex dirigenti, ritenuti “responsabili di una politica aziendale sbagliata” negli ultimi anni, di restituire i milioni incassati.

Il riferimento esplicito è nei confronti della “vecchia guardia attorno all’ex presidente del cda Urs Rohner” che hanno condotto il Credit Suisse “in questa situazione disastrosa e dovrebbero avere almeno la decenza di restituire i loro bonus”.

L’organizzazione dei collaboratori e delle collaboratrici auspica “un rafforzamento delle redditizie attività elvetiche”, così come delineato dallo stesso ceo Ulrich Körner che ha parlato di “forte banca svizzera”, quale nucleo del nuovo gruppo. In ogni caso il piano sociale esistente dovrà essere attuato “in modo che i tagli di personale causino il minor danno possibile”, ha precisato l’Asib.    

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