Si apre lunedì davanti al Tribunale penale federale il processo nei confronti di due cittadini bulgari e due banchieri svizzeri, accusati di aver collaborato con la rete del trafficante di cocaina Evelin Banev. Sul banco degli imputati vi è anche Credit Suisse.
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Keystone-ATS/mar
Il processo, che dovrebbe durare quasi un mese, rappresenta l’ultimo tassello del fascicolo svizzero di un’inchiesta che va avanti da circa 15 anni, con ramificazioni in diversi altri Stati, fra cui in particolare Bulgaria appunto, Italia, Romania, Spagna e Portogallo.
Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha messo nel mirino Credit Suisse e i quattro accusati per la loro presunta collaborazione con Evelin Banev.
Banev, 57 anni, è considerato il capo di una rete criminale che importava decine di tonnellate di cocaina dall’America Latina all’Europa. “Brendo”, come è soprannominato, è stato arrestato nel settembre 2021 in Ucraina. Nel 2012, il boss – legato alla ‘Ndrangheta – era stato arrestato in Bulgaria ed estradato in Italia, per scontare una condanna a 20 anni di carcere per traffico di droga. Successivamente era però stato ricondotto a Sofia, per essere giudicato in un altro processo, e nel 2015 era riuscito a darsi alla macchia.
In Svizzera, con l’aiuto di Credit Suisse e degli altri imputati, l’organizzazione di Banev avrebbe riciclato parte dei proventi dell’attività. Si parla di più di 70 milioni di franchi in un periodo fra il 2004 e il 2007. Nei due atti d’accusa depositati dalla procura federale, composti da oltre 600 pagine, si presume che i guadagni per tonnellata di cocaina ammontassero a 30 milioni di euro.
L’MPC ritiene che l’istituto zurighese non abbia preso tutte le precauzioni organizzative necessarie per evitare che fondi di origine criminale fossero depositati su conti aperti da persone vicine a Banev. Tra queste vi sono i due co-imputati bulgari: il consulente finanziario del boss e un ex lottatore basato in Vallese. Entrambi sono accusati di riciclaggio di denaro qualificato e partecipazione a un’organizzazione criminale.
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Una ex dipendente di Credit Suisse, a sua volta accusata di riciclaggio di denaro qualificato, gestiva i conti aperti per il clan di Banev. Secondo la procura, la donna, nata in Bulgaria, ha ignorato le forti indicazioni di origine criminale dei soldi. Ha anche omesso di informare l’ufficio della Confederazione competente in materia. Inoltre, ha ostacolato l’identificazione, la scoperta e il sequestro del denaro.
L’ultimo accusato è un amico del consulente finanziario di Banev. Da stipendiato di Julius Bär, aveva aperto due conti per le società fantasma del criminale e uno per il suo collaboratore. Quando la banca per cui lavorava si è rifiutata di continuare queste relazioni, l’uomo si è dimesso, mettendosi al servizio della rete bulgara.
Stando alla ricostruzione dell’accusa, ha incontrato personalmente Banev nella capitale Sofia. Ha poi iniziato a creare una holding di diritto svizzero per gestire le società off-shore del boss. L’ex banchiere, al quale sono ora rimproverati i reati di riciclaggio di denaro qualificato, sostegno a un’organizzazione criminale e falsità in documenti, è poi stato scaricato dai bulgari quando la magistratura ha cominciato a interessarsi a Banev.
Il procedimento svizzero è stato avviato dall’MPC nel 2008 dopo che l’anno prima da Sofia era pervenuta una richiesta di assistenza giudiziaria.
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