Scarcerato il boss pentito Giovanni Brusca
L'autore della strage di Capaci in cui morì il giudice Falcone (con la scorta), poi divenuto collaboratore di giustizia, è tornato in libertà.
Ha lasciato il carcere dopo 25 anni, per fine pena, il boss mafioso Giovanni Brusca, fedelissimo del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, prima di diventare un collaboratore di giustizia ammettendo, tra l’altro, di aver azionato la bomba esplosa a Capaci (in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta) e nell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo (il bambino fu strangolato e sciolto nell’acido).
«Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento.»
Giovanni Brusca (nel libro “Ho ucciso Giovanni Falcone”)
Brusca ha lasciato lunedì il penitenziario di Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza delle condanne a 26 anni. Sarà sottoposto a controlli e protezione e a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano.
Il boss 64enne di San Giuseppe Jato, che era stato arrestato nel 1996 nel suo covo in provincia di Agrigento, sarebbe stato scarcerato nel 2022. Ma la pena si è ancora accorciata per la “buona condotta” dopo che a Brusca erano stati concessi alcuni giorni premio di libertà.
Il killer di Cosa Nostra, esecutore della strategia sanguinaria del padrino di Corleone Riina, ha ammesso di aver commesso 150 omicidi. Tra i suoi efferati delitti anche l’eliminazione di Rocco Chinnici nel 1983, l’ideatore del pool antimafia alla procura di Palermo assieme a Falcone e Borsellino.
Qualche mese dopo l’arresto cominciò a rivelare i retroscena e il contesto di tanti delitti e degli attentati a Roma e Firenze del 1993, mettendo da parte ogni remora quando ebbe la certezza che ne avrebbe ricavato quei benefici che ora gli hanno ridato la libertà.
Tra le tante reazioni indignate per la scarcerazione di Brusca, anche quella di Luciano Traina, ex poliziotto della squadra mobile e fratello di Claudio, uno degli agenti uccisi nella strage di via D’Amelio insieme al giudice Borsellino.
tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG dell’1.6.2021)
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