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Cala l’inflazione ma al supermercato i prezzi restano elevati

Carrello pieno al supermercato.
I prezzi degli alimentari non scendono (abbastanza). Keystone / Sebastian Kahnert

In Svizzera, analogamente ai Paesi vicini, è diminuita la pressione inflazionistica. Ma i prezzi nei supermercati non scendono. Le rassicurazioni dei grandi distributori.

Nonostante il calo dei prezzi su scala internazionale e locale, soprattutto nel settore energetico, consumatori e consumatrici non avvertono significative diminuzioni dei costi nei loro acquisti quotidiani, in particolare nei supermercati.

L’inflazione, che a fine 2022 si era fissata al 2,8% (dopo aver toccato punte del 3,5%), è scesa all’1,7% a giugno su base annua, vale a dire di mezzo punto percentuale in meno rispetto al mese precedente (2,2%). Ed è la prima volta dal gennaio 2022 che il rincaro scende sotto il 2% nella Confederazione.

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Non si assiste però a un’analoga evoluzione nel settore alimentare, dove il livello dei prezzi è sceso solo al 5,1% (dopo il 5,3% di maggio). Per alcuni prodotti si osservano incrementi ancora molto elevati, in controtendenza con l’andamento generale dei prezzi, in particolare quelli strategici del settore energetico: il costo dell’olio di oliva è infatti cresciuto del 12% in un anno, le erbe aromatiche e i funghi del 12,5% e la frutta-verdura del 5,7%.

Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UST) l’inflazione in questo comparto è rimasta pressoché stabile al 5,1%.

Evoluzione criticata

“Gli alimenti sono una delle voci di spesa che è aumentata in modo più marcato e che è difficilmente riducibile nei budget delle economie domestiche a basso reddito”, ha sottolineato all’agenzia economica AWP Jean Busché, responsabile “economia” alla Federazione romanda dei consumatori (FRC). “La nostra preoccupazione è che i risparmi in questo settore vadano a scapito di una alimentazione sana e di qualità”.

Busché sottolinea inoltre che la base di confronto è già elevata. “Dovremmo aver superato il picco dell’inflazione. Visto che è calcolata su base annua, sta decelerando. Ma se si cambia il punto di riferimento e si guardano gli scontrini di cassa risalenti a prima della guerra in Ucraina, l’aumento rimane impressionante”.

A titolo di esempio, il prezzo dell’olio d’oliva è cresciuto di quasi il 21% tra giugno 2021 e giugno 2023. Quello del cioccolato del 7%, quello del pane poco meno del 9%, quello del latte intero di oltre il 9% e le uova del 13%.

Speculazioni ingiustificate?

Per Sergio Rossi, professore di macroeconomia e politica monetaria all’Università di Friburgo, le cause sono da ricercare nella posizione dominante della grande distribuzione. “C’è pochissima concorrenza nel settore del commercio al dettaglio in Svizzera e questo non giova ai consumatori”, ha spiegato. Questi hanno abitudini di acquisto in una determinata catena e sono riluttanti a cambiare. “Ogni negozio ha i propri clienti e si trova nel proprio segmento di mercato, formato da tre livelli, ossia Aldi-Lidl, Coop-Migros e Manor”.

Inoltre, prosegue Sergio Rossi, “la clientela affezionata si è abituata negli ultimi quindici mesi a osservare prezzi in rialzo (…) e anche se i costi sono diminuiti – in particolare per l’energia – i grandi distributori ne hanno approfittato per ampliare i loro margini, senza alcuna giustificazione economica”.

A suo giudizio: “l’inflazione alimentare continuerà”, anche se probabilmente “non con gli stessi tassi di inflazione che abbiamo osservato negli ultimi dodici mesi”.

Un’osservazione condivisa dalla FRC, per la quale in Svizzera “c’è una tale mancanza di trasparenza dei prezzi in nome del sacrosanto segreto commerciale, che non possiamo sapere quali società li stiano aumentando indebitamente e in quale misura”. L’associazione dei consumatori ha pubblicato due inchieste l’anno scorso sui prodotti lattieri e ortofrutticoli, rivelando “margini superiori al 40%, con alcuni marchi che hanno persino raddoppiato i prezzi di rivendita”.

Evoluzione analoga in Europa

Anche nel resto dell’Europa si sta assistendo a uno scenario analogo, per certi versi addirittura più marcato.

In Francia, dove l’inflazione nel ramo alimentare rimane su un livello elevato (13,6% a giugno), il presidente dell’Antitrust Benoit Coeuré il mese scorso ha accusato le aziende di approfittare dell’inflazione per ottenere “profitti eccessivi e accordarsi sui prezzi”.

“Abbiamo una serie di indizi e fatti molto chiari, che dimostrano che la persistenza dell’inflazione è in parte dovuta agli eccessivi profitti aziendali”, ha precisato Coeuré, ex membro della direzione della Banca centrale europea.

La stessa BCE sta esaminando il tema nella zona euro. Il suo presidente, da Sintra in Portogallo, ha sottolineato che “gli utili per unità prodotta (…) hanno contribuito per circa i due terzi all’inflazione interna nel 2022, mentre negli ultimi vent’anni il loro contributo medio ha rappresentato circa un terzo”.

La difesa dei grandi distributori

Da parte loro i due principali venditori al dettaglio svizzeri, Migros e Coop, hanno fatto sapere di aver iniziato a ridurre il costo di alcuni articoli nei loro assortimenti. I due giganti elvetici della distribuzione affermano di voler continuare su questa strada.

In proposito un portavoce di Coop ha affermato che “abbiamo ridotto i prezzi di molti articoli in due ondate”. Più precisamente, a fine febbraio sono scesi i prezzi di 60 prodotti Prix Garantie e l’8 maggio sono diminuiti quelli di oltre 200 articoli di marca, ha fatto sapere il grande distributore svizzero.

La concorrente Migros ha comunicato che “la maggior parte” dei prodotti ha registrato una riduzione di prezzo da “circa un mese”, senza citare però esempi concreti. “Non teniamo un elenco di prodotti che aumentano o diminuiscono”, ha affermato una fonte di Migros.

Le due cooperative sperano di poter varare ulteriori riduzioni in futuro, senza però indicare obiettivi quantificati, né tempistiche determinate.

Migros e Coop hanno inoltre precisato di non aver trasferito ai clienti nel 2022 tutte le spese legate all’aumento dei costi di energia, imballaggi e altre materie prime, riconducibili alla ripresa economica dopo la pandemia di coronavirus e alla guerra in Ucraina. E hanno anche sottolineato che nel 2022 hanno sostenuto ciascuna 250 milioni di costi aggiuntivi, che hanno pesato sui loro utili.

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