Il Governo svizzero intende rivedere i criteri definiti nel 2021 della sua politica nei confronti della Cina. Timori per le future esterne pressioni alla neutralità elvetica.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
La Confederazione si appresta probabilmente a correggere la sua recente impostazione nei confronti di Pechino. Due anni fa infatti, sulla spinta del Dipartimento federale degli affari esteri, è stata adottata una strategia che intendeva tenere conto del crescente peso del gigante asiatico, soprattutto sul piano economico.
Quando il ministro degli Esteri Ignazio Cassis aveva presentato il suo piano per la Cina nel 2021, “per una volta anche i suoi critici sono rimasti piacevolmente sorpresi”, ha scritto il settimanale zurighese secondo cui il nuovo approccio avrebbe consentito di mantenere l’immenso mercato aperto alle aziende svizzere senza dover rinunciare ai propri valori. “Le critiche al regime cinese erano chiaramente formulate nella strategia e i diritti umani dovevano essere affrontati in ogni occasione”.
La strategia è oggetto di una “revisione intermedia”, ha precisato al giornale zurighese un portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), e non scontato che venga confermata quando scadrà l’anno prossimo. “Spetterà al Consiglio federale decidere se rinnovare l’attuale strategia con una nuova, questa decisione è ancora in sospeso”, ha aggiunto la stessa fonte.
Su questa materia gravano poi pressioni esterne, dettate dall’acuirsi delle tensioni tra USA e Cina e all’interno dell’amministrazione federale cresce anche la preoccupazione che la neutralità svizzera possa subire pressioni ancora maggiori.
In proposito esistono documenti interni che riferiscono dell’orientamento di organizzazioni occidentali, in particolare della NATO, secondo cui la Svizzera dovrebbe assumere una chiara posizione in caso di conflitto tra Cina e Occidente.
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