Berna rinvia a giudizio ex ministro algerino
La Procura federale ha emanato un atto d’accusa nei confronti di Khaled Nezzar, ministro della difesa algerino tra il 1990 e il 1993.
Gli inquirenti federali gli contestano violazioni del diritto internazionale bellico ai sensi delle Convenzioni di Ginevra e crimini contro l’umanità compiuti tra il 1992 e il 1994, durante la guerra civile nel Paese nordafricano.
Nel documento di rinvio a giudizio presso i giudici del Tribunale penale federale (TPF) l’ex generale e capo di Stato maggiore viene accusato di avere "consapevolmente e intenzionalmente quantomeno tollerato, coordinato e incoraggiato atti di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, violazioni dell'integrità fisica e psichica, carcerazioni e condanne arbitrarie, nonché esecuzioni extragiudiziali”.
Il procedimento giudiziario a suo carico prende le mosse dal suo arresto, avvenuto nell’ottobre 2011 a Ginevra su denuncia dell’ong Trial. Khaled Nezzar era stato successivamente rilasciato e aveva abbandonato la Confederazione ma il Ministero pubblico della Confederazione aveva aperto un’indagine formale nei suoi confronti.
I procuratori federali hanno così potuto documentare undici fatti penalmente rilevanti, ciascuno dei quali configurabile con molteplici imputazioni, avvenuti tra il 1992 e il 1994.
In particolare Khaled Nezzar, nel suo ruolo di ministro della difesa, avrebbe nominato persone di fiducia in posizioni chiave e creato intenzionalmente delle strutture volte ad annientare l'opposizione islamista secondo un preciso piano d'azione.
Il processo davanti alla corte del TPF potrebbe però non avere mai luogo: in una dichiarazione pubblicata una settimana fa, TRIAL International sosteneva come Nezzar sia sul letto di morte.
Le presunte vittime sarebbero state sottoposte a torture con acqua e scosse elettriche e ad altri trattamenti crudeli. A questi episodi si sommano incarcerazioni e condanne arbitrarie ed esecuzioni extragiudiziali. Procedimenti giudiziari a carico dell’ex ministro sono stati aperti anche in Algeria ma non risultano restrizioni o condanne nei suoi confronti.
Se volete condividere con noi osservazioni su un argomento sollevato in questo articolo o segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.