Assange, appello contro l’estradizione
Inizia oggi, mercoledì, a Londra l'appello contro la richiesta di estradizione del fondatore di Wikileaks Julian Assange negli Stati Uniti, già respinta a gennaio.
“Questo appello è l’ultima aggressione alla libertà di Julian, una detenzione arbitraria che dura da dieci anni. Le accuse contro di lui sono infondate, è una persecuzione politica, una strumentalizzazione della legge per tenerlo in prigione”, ha dichiarato la moglie di Assange, Stella Morris.
Da oltre due anni il fondatore di Wikileaks è detenuto nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh, dove le sue condizioni psico-fisiche appaiono sempre più allarmanti.
Ma… “ogni volta che c’è un’udienza, c’è anche una prospettiva di libertà”, aggiunge Morris. “Entrambi crediamo che con il sostegno che ha, e l’infondatezza delle accuse, presto sarà libero”.
In particolare dopo le ultime rivelazioni emerse in settembre, secondo cui la CIA nel 2017 – durante l’amministrazione Trump, quindi- aveva studiato un piano per rapire ed eventualmente assassinare l’attivista australiano.
Secondo Kristinn Hrafnsson di Wikileaks, “sarebbe impensabile che una nazione democratica possa estradare un cittadino in un Paese che ha complottato per uccidere quello stesso individuo: sarebbe al di là di ogni ragionevole logica”.
Negli USA Assange rischia una condanna a 175 anni di galera per aver diffuso milioni di informazioni riservate e documenti segreti di Governi e apparati militari.
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