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Tutti contro il cantone Ticino

Artigiani ticinesi sotto pressione
Gli artigiani che lavorano in Ticino devono iscriversi a un albo e rispettare determinate condizioni. Keystone

La Legge sulle imprese artigianali, entrata in vigore il primo ottobre, sta suscitando numerose critiche anche a nord delle Alpi. Di queste critiche si è fatto eco mercoledì il giornale zurighese Tages-Anzeiger, in questo articolo di cui vi proponiamo la traduzione italiana.

Gregor Bless non riesce ancora a capacitarsene: «La registrazione non corrisponde per nulla alla mia idea di quello che è il diritto. Immaginatevi se tutti i 26 cantoni avessero regole simili!».

Bless è membro della direzione dell’associazione ombrello dell’economia del cantone Uri e proprietario di una ditta di coperture di edifici a Erstfeld.

Con circa 50 aziende attive nel settore dell’edilizia, il suo cantone è particolarmente toccato dalla nuova Legge sulle imprese artigianaliCollegamento esterno ticinese. In vigore da ottobre, la norma obbliga le ditte nazionali ed estere a registrarsi se vogliono effettuare dei lavori nel cantone a sud delle Alpi. Ad essere interessati dal provvedimento sono ad esempio falegnami, carpentieri, imbianchini, piastrellisti, muratori, stuccatori, vetrai, giardinieri o montatori di impalcature.

Il figlio maleducato

Nel commento a firma di Philipp Loser, il Tages-Anzeiger lancia un appello affinché le autorità federali prestino maggiore attenzione alle problematiche cui è confrontato il Ticino.

«Parlare oggi del Ticino, significa parlare del figlio maleducato della famiglia. Il figlio che durante la sua pubertà fa di tutto per fare arrabbiare i genitori. Ma che in realtà vuole solo amore».

Questo nuovo episodio non si discosta da questo schema, scrive l’editorialista. Ufficialmente con questa nuova legge il cantone vuole migliorare la qualità dei lavori e evitare gli abusi. «Si tratta però solo di un fiacco tentativo per nascondere le vere intenzioni: un protezionismo che non dispiacerebbe per nulla a Donald Trump e che prende di mira prima di tutto le aziende italiane».

Le ditte della Svizzera interna che reclamano, hanno naturalmente ragione. «Tuttavia, come per il figlio che si rasa i capelli senza ragione e inizia a fumare spinelli, anche la legge ticinese non è nient’altro che un modo per domandare attenzione. Nessun altro cantone soffre così tanto della sua situazione legata alla frontiera e nessun altro cantone è stato lasciato così solo dalla Confederazione».

«Molti problemi ticinesi di dimensione nazionale, avrebbero potuto essere evitati se Berna avesse dato prova di un po’ più di attenzione», conclude il Tages-Anzeiger.

Ufficialmente la legge «mira a favorire la qualità dei lavori delle imprese artigianali che operano sul territorio cantonale, a migliorare la sicurezza dei lavoratori e a prevenire gli abusi nell’esercizio della concorrenza». Prima di tutto ha però l’obiettivo di tutelare le industrie locali. Dopo aver ricevuto diversi reclami da parte di aziende della regione, la Camera di commercio della Svizzera centraleCollegamento esterno (IHZ) ha scritto una lettera di protesta al governo ticinese: «La nostra interpretazione è che questa legge protezionista e contraria al mercato sia stata varata quale misura contro le aziende italiane». La misura probabilmente non solo è in contrapposizione con gli accordi bilaterali che la Svizzera ha firmato con l’UE, ma soprattutto contravverrebbe al diritto federale e strapazzerebbe il federalismo, ha sottolineato l’IHZ.

Multe salate

Il Ticino la vede però diversamente. Il registroCollegamento esterno è un successo, ha indicato il Dipartimento cantonale del territorio. Solo in settembre, circa 1’000 aziende avevano inoltrato una richiesta di iscrizione. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, gli imprenditori sono obbligati a pagare correttamente le imposte e i contributi sociali dei loro dipendenti.

Per potersi iscrivere, bisogna infatti adempiere a una serie di condizioni. Il titolare dell’azienda deve avere determinati requisiti professionali, una certa esperienza e non deve avere subito condanne penali, in Svizzera o all’estero, per atti contrari alla dignità professionale.

Inoltre negli ultimi cinque anni non deve essere stato gravato da attestati di carenza beni o dichiarato in fallimento.

Per l’iscrizione nel registro bisogna pagare inizialmente una somma di 2’000 franchi e ulteriori 500 franchi di spese all’anno. Critiche sono giunte non solo dall’esterno, ma anche da aziende ticinesi. Per questo il governo cantonale ha ridotto la tassa d’iscrizione, riducendola a 600 franchi.

Chi non rispetta la nuova legge, deve fare i conti con multe salate: in caso di non iscrizione le multe possono arrivare a 50’000 franchi e le infrazioni sono punibili con ammende fino a 30’000 franchi. I committenti della costruzione sono dal canto loro tenuti a notificare il nominativo di ogni impresa attiva sul cantiere. Stando al governo ticinese, sono già state comminate delle multe.

A metà novembre, anche il governo del cantone Grigioni ha detto la sua, sostenendo che la legge ticinese andrebbe sostituita con una regolamentazione «compatibile coi principi dell’economia liberale del nostro paese». «Abbiamo ricevuto molti reclami», afferma Jürg Michel, direttore dell’Unione grigionese delle arti e mestieri. La norma va a colpire soprattutto le imprese della Mesolcina, valle italofona che confina con il Ticino. Per paura di perdere dei lavori, nessuno ha però voluto esprimersi in prima persona.

«In una prima reazione a caldo, i nostri membri volevano instaurare un sistema di registrazione anche nei Grigioni quale protezione dalla concorrenza». Una misura che però è stata respinta dall’Unione delle arti e mestieri. Non si voleva ritornare all’epoca medievale.

I giudici decideranno

Le associazioni economiche hanno cercato di persuadere le autorità ticinesi a rinunciare almeno alle tasse di iscrizione per le imprese elvetiche. «Il cantone non ha però abbandonato i suoi piani e perciò è rimasta solo la via dei tribunali», spiega Adrian Derungs, della Camera di commercio e dell’industria della Svizzera centrale.

Nel contempo, da mesi la Commissione della concorrenzaCollegamento esterno (Comco) sta procedendo a degli accertamenti. A fine novembre, la Comco ha presentato ricorso contro la Legge sulle imprese artigianali. Secondo il parere della Commissione, la norma limita l’accesso al mercato per gli artigiani che provengono da altri cantoni e costituisce perciò un’infrazione alla Legge federale sul mercato internoCollegamento esterno.

I ricorsi – sono infatti tre in tutto – saranno esaminati dal tribunale amministrativo ticinese. Stefan Renfer, responsabile del mercato interno presso la Comco, non può ancora dire quando la giustizia statuirà: «Non abbiamo nessuna esperienza con casi simili in Ticino». Per il momento, è in corso soprattutto uno scambio epistolare. «Vista la situazione attuale», la Comco consiglia agli imprenditori che vogliono lavorare in Ticino, di «fare domanda per essere iscritti nell’albo». Se il tribunale dovesse confermare che l’obbligo di registrazione è contrario alla Legge sul mercato interno, le spese di iscrizione non saranno però per forza rimborsate, poiché mancano le basi legali. «Le autorità ticinesi dovranno decidere se vorranno o meno restituire le tasse incassate», indica Renfer. Nel caso in cui invece i ricorsi della Comco non venissero accolti dal tribunale, l’imprenditore urano Gregor Bless non sa ancora come reagirebbe: «Forse in futuro rinunceremmo a concludere affari in Ticino».

Traduzione di Daniele Mariani

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