In una casa-studio discografico nel centro di Brescia Omar Pedrini ricorda il passato e le sfide della sua vita rock. Erano gli anni ’80 quando con alcuni amici fondò il gruppo dei Timoria. Per la musica Brescia era una città di periferia. Omar andava a Milano a proporre le sue canzoni alle case discografiche. Le porte erano chiuse. «Il rock cantato in italiano non funziona» si sentiva rispondere. «Oggi sorrido – dice – perché mi dicono che una band italiana deve cantare in italiano o non vende». I tempi sono cambiati e cambiarli sono stati anche loro, i Timoria.
Con alla voce Francesco Renga la formazione riuscì a imporsi e con un altro pugno di gruppi, tra cui i Litfiba, riuscì a dimostrare che esisteva una scena rock italiana che parlava a una nuova generazione di fan. I Timoria vinsero il premio della critica al Festival di Sanremo nel ‘91, iniziarono a riempire i palazzetti e a inanellare successi e dischi d’oro.
Nel 2002 l’esperienza dei Timoria si esaurisce. Pedrini nel 2004 torna a Sanremo da solista e vince il premio per il miglior testo. Il destino è però in agguato. Nel maggio di quell’anno una grave patologia cardiaca lo porta in fin di vita. I medici lo salvano, ma la sua carriera musicale sembra finita. Omar non si arrende. Per lui è l’inizio di un nuovo capitolo: si occupa di arte, lavora in televisione, insegna in università.
Quando i medici gli danno l’ok ricomincia a suonare e a incidere musica. «Ogni tanto il cuore mi richiama» dice Pedrini, la sua salute è ancora precaria. Ma la voglia di esibirsi e di vincere le sfide è quella di sempre. Sta scrivendo e registrando nuovi brani per un pubblico che non lo ha abbandonato e oggi lo chiama “Il guerriero”, ricordando un vecchio inno dei Timoria. Il suo cuore rock è malato, ma continua a battere.
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