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A Berna si discute di autismo

corte da ricreazione vuota. muto con disegni di personaggi di cartoni animati e un triciclo in primo piano
Passi da gigante sono stati fatti nelle scuole per accettare e integrare l'autismo Keystone / Wu Hong

Il secondo congresso nazionale dedicato all’autismo è stato organizzato a Berna per parlare di progressi fatti e sfide future in questo campo.

L’autismo è un disturbo molto diffuso in Svizzera, dove 1 bambino su 100 ha difficoltà nell’interazione sociale. Un contesto già difficile per sua natura, che è stato esacerbato dalla pandemia: “L’autistico o l’AspergerCollegamento esterno da soli fanno molta fatica ad andare a cercare l’altro, a parlarci e a relazionarsi”. A spiegarlo è Michel Rapelli, già professore di informatica e attualmente studente in teologia, e il responsabile del Gruppo Asperger TicinoCollegamento esterno.

Rapelli ha potuto ottenere una diagnosi precisa (sindrome di Asperger nel suo caso) solo sei anni fa, in età adulta avanzata. Un disturbo che gli ha causato non pochi problemi nella vita sin da bambino. Soffre per esempio di prosopagnosia, ossia difficoltà di memorizzare i visi: “Mi mette in grande difficoltà in tantissimi casi”.

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La pandemia, inoltre, ha messo a dura prova anche chi cerca di sostenere chi soffre di disturbi dello spettro autistico perché è venuta a mancare proprio quella possibilità di portare un sostegno.

Sono molti, però, i progressi fatti in questi anni da enti pubblici, associazioni private e scuole.

“Ricordo che 15 anni fa quando si poneva una diagnosi di autismo il bambino non poteva entrare [a scuola] perché veniva etichettato come gravemente ammalato”, spiega il professor Gian Paolo Ramelli, primario e capodipartimento pediatria dell’Ente ospedaliero cantonale ticinese. “Al giorno d’oggi devo dire che tutto il lavoro che abbiamo fatto ha permesso l’inserimento di molti di questi bambini a scuola, anche perché la scuola è diventata molto più ricettiva”. 

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